NANDHA STRIKES AGAIN – Nandha Blues

Il marchio è valdostano, ma ai Nandha Blues vanno strette le precise collocazioni geografiche. Intanto perché, sebbene la band nasca proprio ad Aosta per opera di Max Arrigo – voce solista, chitarrista e autore di buona parte del repertorio – la formazione attuale è completata da due musicisti piemontesi, il batterista Roberto Tassone, e il bassista cumianese Alberto Fiorentino. E poi perché il trio possiede una consolidata connotazione cosmpolita. Un po’ per il fatto di esibirsi spesso fuori dall’Italia, bazzicando festival e locali di mezza Europa, dalla Francia alla Svizzera, dalla Germania alla Repubblica Ceca. Un po’ perché la sua musica affonda le radici nella tradizione del rock americano degli anni Settanta, che li ammanta di un respiro a forte matrice internazionale.

A distanza di sei anni dall’uscita di “Black Strawberry Mama” – registrato per altro con una line-up parzialmente diversa – nel 2019 i Nandha Blues hanno pubblicato il loro secondo album “Nandha Strikes Again”. Il disco si pone in continuità con il precedente lavoro, attingendo a piene mani dalla corposa lista dei loro riferimenti stilistici. Il “blues” del nome, più che un’etichetta applicabile in modo indistinto, è soprattutto un’attitudine, una linea espressiva che si costituisce come un contrassegno, una firma, sia che il blues lo facciano davvero, come nella traccia d’apertura “749 Blues”, sia che si immergano nel cuore degli Stati del Sud trasudando atmosfere quasi country (vedasi “Bring Me Some Water”), sia che ne preferiscano l’interpretazione più “britannica”, che spesso è imbastardita con forme più generiche di rock. Complessivamente, ad emergere è comunque un’inclinazione verso modalità di scrittura molto “americane”, che trovano in alcuni mostri sacri come gli Allman Brothers o i Lynyrd Skynyrd i principali modelli di riferimento. Alcuni caratteri ricorrenti, come l’uso frequente della tecnica slide, di cui Arrigo è interprete di rilievo, o le stilettate dell’armonica a bocca, contribuiscono a rafforzare l’impressione di uno sguardo gettato a Ovest, nel quale la musica si riveste di un immaginario da grandi pianure e da viaggi on the road.

Si parte dunque da radici ben piantate nella tradizione. D’altronde suonare il blues e i suoi derivati significa anche rispettarne i canoni. Ma i Nandha Blues si iscrivono a pieno titolo in quel filone che nel corso dei decenni ha attuato operazioni di svecchiamento del genere, allineandosi all’evoluzione del suono e alle abitudini di ascolto contemporanee. Le saturazioni si intensificano, portando a distorsioni che saltuariamente sconfinano nell’hard rock, in un’attualizzazione simile a quel recupero della classicità messa in atto da svariate band dagli anni Novanta in poi. Tra i riferimenti dichiarati, ad esempio, c’è l’inaspettata presenza dei Black Crowes, ai cui riff in effetti non mancano gli ammiccamenti, specie in alcune ballad come “Last Note”. Più precisamente, però, ci piace vedere i Nandha Blues come degli italici Gov’t Mule – che non a caso sono una costola degli Allman Brothers – proprio per quella capacità di condensare nella propria musica molte delle suggestioni che il rock ha saputo innescare nel corso della sua storia, fornendosi un’identità precisa ma senza trasformarla in una gabbia stilistica. I Nandha Blues si avvicinano alla band di Warren Haynes anche per l’abitudine a espandere la gamma delle sonorità attraverso la presenza nei loro dischi di numerosi special guest. In “Nandha Strikes Again”, infatti, compaiono almeno una quindicina di musicisti ospiti che apportano una varietà timbrica di grande resa. I suoni delle armoniche a bocca, dei sax, degli organi hammond, creano un’altalenante oscillazione da un ambiente all’altro, senza che questo comporti deviazioni sostanziali rispetto alle inclinazioni di fondo.

L’area espressiva dei Nandha Blues è dunque quella del rock classico, in particolare – ma in modo non esclusivo – quello americano, e “Nandha Stikes Again” conferma tale posizionamento, collocandoli nell’olimpo delle band di punta del movimento blues italiano. Piccolo consiglio d’ascolto: togliete la polvere al giradischi e gustatevelo in vinile. Non tanto per una tendenza modaiola, o per l’anacronismo di fondo di una musica che ha la radici nel secolo scorso e che si accosta spontaneamente ai supporti d’epoca, ma più per la pasta sonora che esonda dai solchi in PVC, dove si smussano le asperità delle chitarre e fuoriescono le linee di basso, apparentemente un po’ sacrificate in streaming, ammorbidendo e scaldando l’amalgama complessivo.

Il 9 novembre scorso, i Nandha Blues sono stati dalle nostre parti per un’inusuale accoppiata di live: nel tardo pomeriggio protagonisti del classico concerto in vetrina presso Rocker Dischi, e in serata all’Espresso Italia. Se ancora non disponete di un giradischi, e nemmeno di un lettore CD – al di là che dispiacciamo per questo – potete ascoltare l’album su Spotify al link in calce a questo articolo. Un regalo che invece vi facciamo noi è il video di “Can’t Get You Offa My Mind”, un classico dal loro primo album, nell’esecuzione della serata pinerolese.

Buon ascolto.

Ones

ones

Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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