Groovin’ Story 2005 – “ZERO – Residui Tossici”, il primo cd di Miky Bianco

Miky Bianco è una delle più autorevoli personalità musicali tra quelle originarie del Pinerolese. Chitarrista apprezzato soprattutto per le sue conoscenze nell’ambito delle tecniche chitarristiche, le sue fortune principali le ha ottenute proprio nella sfera della didattica. Docente della Lizard, una delle scuole rock più importanti d’Italia, tiene seminari in tutto il mondo ed è autore di numerosi libri indirizzati allo studio della sei corde. Nel 2005 usciva “Zero – Residui Tossici”, il suo primo album da solista e noi di Groovin’ lo intervistavamo per farcelo raccontare.


Da www.groovin.it – 2005

Fra poco meno di un mese, e dopo più di un anno di gestazione, uscirà finalmente l’attesissimo cd di Miky Bianco, chitarrista nato a Bari ma cresciuto tra Cavour e Campiglione Fenile il cui nome, ben conosciuto dai musicofili pinerolesi, sta progressivamente acquisendo risonanza anche a livello nazionale. Da noi è noto soprattutto per aver suonato in alcune cover band di una certa rilevanza, dagli Insomnia ai Camikaze, ma negli ultimi anni è stata l’attività didattica a regalargli le soddisfazioni maggiori. Qualcuno lo ricorderà senz’altro tra gli insegnanti del Centro Musica di Pinerolo verso la metà degli anni 90, ma da allora di acqua sotto i ponti ne è passata molta. Oggi Miky è docente di punta della sede vercellese della Lizard, una delle scuole musicali più importanti d’Italia, e viene regolarmente invitato a numerosi seminari in giro per la Penisola, tra cui l’Acoustic Guitar Fest di Sarzana, kermesse di livello internazionale che annovera tra i suoi ospiti i più importanti esponenti del genere.

L’insegnamento e l’attività da session man non sono gli unici impegni che hanno assorbito le energie di Miky Bianco in questi ultimi anni. I riff chitarristici composti da Miky continuano ad essere tra i più apprezzati e scaricati dagli utenti di www.chitarristi.com, sito web fondamentale per gli amanti della sei corde in Italia. Ma è soprattutto con “ZERO – residui tossici”, l’album a cui lavora dall’estate del 2003, che la creatività di Miky Bianco sta per concretizzarsi in tutte le sue sfaccettature. Dopo aver annunciato già mesi fa sul suo sito ufficiale www.mikybianco.com l’imminente uscita discografica, ora il cd è ufficialmente pronto. Per la sua realizzazione si è avvalso della collaborazione di musicisti di notevole caratura artistica. Non possiamo nominarli tutti perché sono davvero tanti ma vale la pena ricordare almeno i più conosciuti dal pubblico pinerolese, ossia il pianista Beppe D’Angelo e il saxofonista torinese Luca Biggio, cui aggiungiamo la collaborazione di Luca Frencia alla fisarmonica e di Roberto Galimberti al violino. Mancano giusto gli ultimi dettagli, dal mixaggio definitivo alla parte grafica, ma le tredici tracce di “Zero” stanno finalmente per prendere forma su supporto digitale, pronto a risuonare energico nei vostri altoparlanti. 

Miky, oltre ad essere un musicista di grande valore ed un conversatore profondo ed attento ai continui mutamenti tecnici e sociologici del mondo della musica, è anche un grande amico di Groovin’. Per questo, cogliendo l’occasione del lancio promozionale del suo disco, ha accettato di essere nostro ospite e di rispondere ad alcune domande in merito.


L’attesa è stata quasi spasmodica. Un anno e mezzo circa per registrare il tuo disco che adesso finalmente sta per uscire. A cosa è imputabile il ritardo?

I tempi lunghi sono dipesi dal fatto che i musicisti presenti sul disco sono prima di tutto degli amici che hanno accettato di collaborare alle registrazioni proprio per il rapporto che ci lega, in sostanza per farmi un favore. Quindi non potevo esercitare su di loro troppe pressioni per accorciare i tempi, avrei finito per rubare ore alle loro attività professionali. Stesso discorso per quanto riguarda lo studio dove abbiamo registrato. Io per primo d’altronde mi sono dedicato alla realizzazione del disco solamente nei ritagli di tempo tra le mille cose che mi hanno tenuto occupato. Quest’estate invece i miei impegni “live” sono diminuiti notevolmente e questo mi ha permesso di imprimere una forte accelerata all’andamento dei lavori e recuperare così il tempo perduto.

Com’è nata l’idea del disco e come sei arrivato alla definizione di “Zero-residui tossici”, titolo per altro molto curioso?

L’idea nasce nell’estate del 2003. Ero in un periodo non particolarmente felice, uno di quei momenti in cui ti sembra che gli anni siano trascorsi senza aver concluso nulla. Così, sentendo l’esigenza di fare il punto della situazione, ho riunito le idee, ho raccolto del materiale vecchio che avevo nel cassetto, ho cominciato a comporre delle cose nuove e di qui sono i nati pezzi del disco. Ho deciso di intitolarlo “Zero” come il numero delle puntate pilota delle serie televisive perché proprio come quelle rappresenta una sorta di esperimento, di test. Insomma, rimango in attesa di osservare quali saranno le reazioni del pubblico. Se andrà bene, vedremo eventualmente di dargli un seguito. Il sottotitolo “residui tossici” invece si riferisce in modo scherzoso al fatto che in realtà non si è tentato di seguire strade nuove, sperimentali, ma se vogliamo si tratta di cose già sentite, una sorta di antologia delle mie influenze musicali del passato più o meno recente.

A proposito, noi non abbiamo ancora avuto la possibilità di sentire nulla di quanto ci sarà nel cd. Puoi anticiparci qualcosa al riguardo?

Innanzi tutto si tratta di un disco completamente strumentale. Non ci sono parti cantate. Mi sarebbe piaciuto molto scrivere dei testi ma al momento non credo di essere in grado di farlo, anche se naturalmente spero di poter colmare questa lacuna in un futuro prossimo. Dal punto di vista stilistico invece, non essendo io un musicista jazz, si tratta di un cd essenzialmente “rock-fusion”, in cui emerge una miscela di linguaggi e forme vicine a gruppi come Deep Purple o Weather Report. Bisogna aggiungere però che nel disco hanno suonato molti musicisti di diversa estrazione e ognuno di loro ha portato le sue esperienze che ne hanno ovviamente influenzato il sound generale. Vorrei sottolineare che chi l’ha già potuto sentire sostiene che non sembra il solito disco da chitarrista. C’è molto spazio anche per altri strumenti, tra cui alcuni non così consueti per il rock come il violino o la fisarmonica che hanno contribuito ad aumentarne la gamma delle sonorità. 

Tu sei il classico esempio del musicista pinerolese che per poter vivere di musica ha cercato lavoro lontano da casa. Che cosa manca al Pinerolese per essere davvero un’isola felice come si vanta di essere?

Andare a lavorare lontano è stata una scelta puramente dettata dal caso. Ho avuto la fortuna-sfortuna di cominciare molto presto con il professionismo musicale e di conseguenza mi sono staccato dai gruppi di base quando ero piuttosto giovane. Questo mi ha portato a girare in lungo e in largo l’Italia, prima con le orchestre di liscio e poi con le cover band. Ma a Pinerolo, dove sopravvive una realtà davvero fantastica, una vitalità nemmeno paragonabile a quelle delle zone dove attualmente risiedo e lavoro, cioè il Vercellese, non manca davvero nulla. Forse si risente anche qui della crisi presente in tutti i campi. Al massimo il problema potrebbe risiedere nelle strutture. A Pinerolo e dintorni ci sono molte persone interessate ed appassionate di musica ma il loro numero non è sufficiente da giustificare quelle mega-strutture che rimangono le uniche in grado di portare profitti a chi pratica la musica di professione. E in ogni caso non si può vivere solamente con i live, ma per questo non sono sufficienti nemmeno le opportunità offerte dalla grande città. Se si vuole vivere di musica è necessario guardarsi attorno ed accettare un po’ tutto quello che capita, un po’ come ho fatto io in passato. Per fortuna oggi con la mia attività da insegnante guadagno abbastanza da poter rinunciare alle “marchette” e suonare solo più ciò che mi piace.

Domanda provocatoria: molti ti accusano di essere un musicista ipertecnico che utilizza le sue capacità virtuosistiche all’eccesso, a scapito della musicalità e del cuore. Come rispondi?

Mah… è una cosa che ho sentito anch’io anche se in realtà mai nessuno mi ha accusato di questo in modo diretto. Io credo che la musicalità di un essere umano non sia misurabile. L’arte rispecchia l’uomo e quello che ha dentro e può darsi che qualcuno non sia stato sulla mia stessa lunghezza d’onda, finendo per mal interpretare ciò che stavo esprimendo in quel momento. Io ritengo la tecnica un elemento molto importante ma la vedo unicamente come un mezzo per superare l’ostacolo costituito dallo strumento. Comunque non mi ritengo un ipertecnico. E’ vero, in questi anni ho approfondito molto la conoscenza delle tecniche chitarristiche ma da un punto di vista della pratica credo di possedere appena le capacità minime per fare della musica un mestiere e ogni giorno scopro che esistono cose che non conosco e del cui approfondimento sento una forte esigenza.

Come vedi il mondo della musica di oggi?

C’è una frase che usano ripetere i discografici di oggi parlando di dischi. Si dice che il disco “deve stare sullo scaffale”. Significa che i prodotti di oggi devono essere ben definiti nel genere, devono essere etichettabili. Se sono troppo originali, e quindi non etichettabili, finiscono per non avere un’utenza. Purtroppo oggi il musicista si deve scontrare con questi ed altri schemi che costituiscono dei limiti importanti alla creatività. Parlando di rock, è importante sottolineare che esso ha raggiunto il suo massimo livello nel periodo del rock progressivo, sottogenere che ha finito per esaurirne la componente essenziale e ne ha paradossalmente decretato la fine. Di lì in avanti molti fenomeni importanti sono esplosi a rappresentare le varie generazioni, il punk o il grunge ad esempio, ma si sono rivelati deboli, effimeri, almeno nel loro aspetto musicale se non in quello sociologico.

Concludiamo ritornando sul disco che sta per uscire. Avete pensato di dargli un seguito “dal vivo”?

Non nego che l’idea mi alletterebbe moltissimo. Gli stessi musicisti che ci hanno suonato me l’hanno chiesto, ma non me la sono sentita di fare delle promesse. Il rischio in questi casi è di incorrere in un eccesso di entusiasmo. I pezzi sono difficili, quindi andrebbero provati molto. I musicisti coinvolti sarebbero tanti e, anche se la mia cooperativa si è detta disposta a promuovere il disco attraverso partecipazioni live in diverse rassegne, finirei per bloccarli in prove estenuanti con la prospettiva di fare poche date e con ritorni economici minimi. Per il momento il progetto non c’è ma rimaniamo in attesa di vedere come andrà il disco. Intanto gli impegni non mancano. Tornerò dal vivo con alcuni progetti paralleli che dovrebbero partire nel 2005, tra cui una band con il chitarrista Antonio Degruttola, col quale rivisiteremo dei classici rock, dai Deep Purple ai Genesis. E poi ultimamente mi sto occupando di alcuni lavori per la Carisch e la Play Game Music, due etichette a distribuzione nazionale per le quali sto registrando una serie di basi in diversi generi, dal blues al rock progressivo, per una serie di CD didattici.

La chiacchierata si conclude dopo essersi allargata a temi molto più generali sulle difficoltà in cui versa il mondo della musica di oggi, riflessi della crisi di valori della società moderna i cui effetti li possiamo vedere e toccare con mano in tutti gli ambiti della quotidianità, dal mondo del lavoro alla politica. Ma se l’universo della cultura finisce sempre di più imbrigliato nelle maglie della standardizzazione dettata soprattutto da esigenze di mercato, esistono per fortuna ancora degli artisti che accanto ad un’attività professionale per forza di cose legata a necessità commerciali, riescono a ritagliarsi degli spazi di autonomia creativa con dei risultati eccellenti. Miky Bianco, esempio di professionalità, maturità e capacità musicali superiori, è senz’altro uno di questi. Per questo, nell’attesa che l’uscita di Zero-residui tossici si ufficializzi, gli abbiamo strappato la promessa che, appena possibile, ce ne farà avere un assaggio. Molto presto quindi, vi daremo la possibilità di ascoltare in anteprima qualche passaggio della musica di uno dei migliori musicisti cresciuti nel Pinerolese.

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Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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