Groovin’ Story 2003: la recensione di “In Equilibrio” (Grande Circo Barnum)

Era il 2003, nel pieno del periodo d’oro di Groovin’, quando una delle nostre band pinerolesi preferite di allora, il Grande Circo Barnum, si apprestava a presentare il suo primo lavoro discografico. Incontrammo i sei musicisti del Grande Circo per farci raccontare l’album, e su quella chiacchierata costruimmo la nostra recensione. Rimane oggi un piccolo gioiello che si muove tra il cantautorato e l’indie rock tipico di quegli anni. Di seguito, l’articolo completo che pubblicammo sulle nostre pagine.

Buona lettura.

Ones


IN EQUILIBRIO – Grande Circo Barnum

Tracce:
1. L’Equilibrio
2. L’Aria
3. Gelido
4. Techno Muove
5. U Kill Me
6. Bene Universale
7. Traccia Fantasma

Flebili e graffianti pennate di chitarra distorta, un sibilo roco che si innalza per pochi secondi. Immediatamente aumenta la tensione, l’attesa si fa paradossalmente spasmodica. Ma non c’è tempo per le riflessioni. Arriva come una boccata d’ossigeno dopo una caduta vertiginosa che ti toglie il respiro, il suono di un rock energico, fortemente influenzato da atmosfere cupe e decadenti, alternato ad affascinanti ballate, in un saliscendi di “rumori” che certificano un’attenta esplorazione verso le potenzialità ipnotiche della musica, piuttosto che l’interesse verso le sue istanze estetiche. Un tortuoso percorso di sentieri impervi, un moto perpetuo di armonie avvolgenti su cui si adagiano parole, ora dolci ora taglienti, che risuonano nei più reconditi anfratti delle nostre profondità intime. 

Questo è “In equilibrio”, l’attesissima opera prima del Grande Circo Barnum. Una catabasi verso le profondità dell’Io, una perlustrazione dell’animo umano attraverso sette tappe. “L’equilibrio citato nel titolo – ci spiegano – non si riferisce ad un comune denominatore tra le singole canzoni. Semmai può essere visto come un compromesso tra la parte più graffiante e quella più melodica della nostra musica. Sicuramente è legata alla condizione di equilibrio a cui abbiamo teso, e che abbiamo raggiunto, in questi mesi di duro lavoro“. Lavoro nobilitato dalla collaborazione, nata quasi per caso, con Andrea Pollone, un passato da ottimo musicista, con alle spalle scampoli di professionismo ad alto livello, ora fonico quasi ufficiale del gruppo. “Andrea si è occupato esclusivamente della parte tecnica, lasciandoci liberi di autoprodurci dal punto di vista artistico, anche se non ha mai lesinato consigli e critiche che, grazie alla sua grande esperienza, ci hanno sicuramente fatti crescere. Proprio per la qualità e la quantità del suo lavoro, per definire In Equilibrio preferiamo la dicitura più professionale di E.P. alla meno connotativa demo“.

Ma IN EQUILIBRIO è soprattutto poesia, con tutta la sua carica polisemica portata alle estreme conseguenze, dove l’interpretazione dei significati profondi è lasciata in mano, o al cuore, di quanti si lasciano penetrare dai versi circensi. Una poesia, come ci spiega Mapi, voce femminile della band, che si rifà ai dogmi del simbolismo, che traduceva sentimenti ed emozioni con parole legate da una corrispondenza soggettiva con quanto si voleva esprimere, spesso attraverso gli stessi mezzi utilizzati, ossia ritmo e suono. “Se c’è un filo conduttore all’interno delle nostre canzoni – precisa Davide Bertello, voce solista e autore dei testi – questo è certamente inconscio. Ci piace pensare alle parole come ad uno strumento autonomo da utilizzare anche solo per la sua musicalità“. Ed è così che la canzoni del GCB diventano sequenze di fotogrammi, immagini estemporanee collegate tra loro da un procedimento istintivo che lasciano totale libertà di immedesimazione, di scelta del percorso in questo viaggio nel “malessere cosmico, che non è un piangersi addosso, ma una sorta di lamento super partes“. Impossibile quindi ottenere codici interpretativi dai sei musicisti del GCB, meglio seguire le indicazioni di Mapi che, parafrasando Oscar Wilde, afferma che “definire significa limitare, e anche i fili da seguire possono spezzarsi, col rischio che ci si possa perdere lungo la strada“.

Ed eccoci quindi ad arrancare lungo le dorsali di questo monte, alla ricerca di chiavi per decifrare l’iconografia del disco che abbiamo di fronte. L’EQUILIBRIO, prima traccia dell’extended playing, è quasi un inno all’imperfezione umana, all’accettazione della compresenza di pregi e difetti nella natura mortale, c’è anche chi vi ha visto un riferimento politico (“tendenzialmente riteniamo la politica una questione molto personale, per questo la lasciamo fuori dalla nostra musica”), certamente affiora una visione cinica del mondo che poggia i suoi meccanismi sui subdoli pilastri della guerra. Fa da contraltare GELIDO, in cui defluisce, tra le pieghe di versi ridondanti nella loro ripetitività assonantica, il concetto di amore universale. E poi L’ARIA, dalle atmosfere impalpabili quasi come il soggetto fotografato nella canzone, che scivola via, lenta, come a tradurre in musica l’inesorabilità dello scorrere del tempo; TECHNO MUOVE, appello generazionale, come l’hanno definito loro, che pare voler richiamare tutti ad una maggior consapevolezza del nostro ruolo al mondo, spesso svenduto al miglior offerente. Chiudono l’album l’ermetica U KILL ME, BENE UNIVERSALE, in cui si intravede l’importanza dei piccoli gesti e la loro contagiosa importanza nella costruzione di un mondo migliore, e la TRACCIA FANTASMA, che è testimone dei lunghi momenti di improvvisazione da cui nasce buona parte delle idee circensi che poi si trasformeranno in canzoni.

Spiace non trovare nel disco Porta Instabilità, Fuori Da Questa Era e Lecito, canzoni con cui si erano segnalati all’attenzione del pubblico fin dai loro esordi, ma, come ci spiegano, “la scaletta dell’E.P. è stata scelta per votazione. Alla fine, la canzoni selezionate corrispondono, ad eccezione di Techno Muove, a quelle scritte più recentemente“.
In definitiva, In Equilibrio rivela ancora un certa acerbità compositiva della band. Questo è evidente nella struttura tematica che sorregge i pezzi, che a tratti risulta piuttosto debole. C’è sicuramente molto da lavorare per tirare fuori le linee vocali che a volte finiscono intrappolate tra i suoni taglienti del noise del loro rock, ad esempio sfruttando di più l’incantevole accostamento timbrico delle due voci che spesso esplodono in un lirismo armonico da brividi, e che invece perde di forza ed impatto quando inconsapevolmente Mapi e Bertello finiscono per accavallarsi in un unisono che non sempre risulta funzionale alla resa dei pezzi.
Ma per il resto siamo di fronte ad un prodotto che ripaga dell’attesa, potente e delicato, spontaneo, carico di suggestioni, che scatena l’immaginazione, che avvolge e che entra immediatamente nella testa e nel cuore. Un disco in cui sono chiare le influenze derivanti dal rock italiano indipendente, dai CSI ai Marlene Kuntz passando per gli Afterhours, ma che nello stesso tempo rivela la capacità del Grande Circo Barnum di affrancarsi dai propri modelli per seguire la strada di una poetica assolutamente personale. Un disco, insomma, che “non è ancora completamente maturo – come ammette la band stessa – ma che in alcuni punti sa già di Grande Circo“. Ed è un profumo che ci piace molto, e che ci fa pensare a strade lunghe ed in discesa…


Il disco sarà presentato venerdì 19 settembre al Samuel Beckett Pub di None (TO), e sarà acquistabile al prezzo di Euro 6,00 direttamente ai live del Grande Circo Barnum, o richiedendolo al gruppo tramite il sito www.grandecircobarnum.it. Si ringraziano il GCB per la collaborazione ed il Jam Session di Pinerolo per aver messo a disposizione i locali dove si è svolto questo incontro-intervista.

Ones

ones

Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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