EFFETTO SERRA – Tito Sherpa / Phine

Il nuovo album del rapper torrese Tito Sherpa – al secolo Tito Pasini – è molto diverso dal precedente “Serotoninja”. Un lavoro meno focalizzato, ma proprio per questo aperto a molteplici suggestioni e interpretazioni personali. Psichedelico, visionario, acido. Un lirismo sospeso, al limite dell’ermetico, che genera un senso non immediatamente inquadrabile, quasi come se il disegno complessivo saltasse fuori solo dopo aver unito i puntini. Rotte che collegano terre emerse sparpagliate in un oceano di accurate immagini letterarie.

L’atteggiamento lisergico dei testi si abbina a una ricerca sonora sui generis, che rende la fruizione non particolarmente agevole. C’è bisogno di uno sforzo in più per compenetrarne completamente l’universo, ma questa è la peculiarità del suo autore. Un personaggio alla continua ricerca di strade nuove, con un occhio però sempre attento alle lezioni del passato. La scrematura operata in fase di scrittura lo induce a curare nei minimi dettagli l’uso del linguaggio, calcando la mano sulla funzione poetica, grazie a un raffinato quanto estremizzato uso di allitterazioni e giochi di parole. Come nel rap delle origini quando, senza dimenticare i contenuti, si confezionavano i messaggi dentro forme quasi perfette. Oggi è un metodo sempre più raro e questo approccio old style, abbinato a una produzione che invece sfugge alle determinazioni e insegue lidi quasi sperimentali, rende la linea stilistica di Sherpa tra le più intriganti del nostro territorio.

Deve averla pensata allo stesso modo Madaski, mentre ascoltava il lavoro precedente. Ricordiamo i suoi moti d’entusiasmo di fronte a “Uomini di vimini”. E Caudullo non è tipo da lasciarsi impressionare facilmente. Non è quindi un caso che la mente degli Africa Unite abbia prestato la propria opera per il missaggio dell’album. Un credito che infonde prestigio e rappresenta, almeno simbolicamente, il salto di qualità che il rapper valligiano sta compiendo in questi anni.

effetto serra tito sherpa phine copertina

“Effetto serra”, a dispetto del titolo, non è un album di stampo ecologista. C’è, sì, un’atmosfera apocalittica “post-disastroambientale”, ma le temperature elevate sono più la metafora di un mood, la rappresentazione di un calore primigenio, seminale. Parole che riscaldano l’uditorio e che risvegliano le coscienze. A livello subliminale, invece, l’”Effetto serra” è quello di un mondo distopico. Aleggia un senso di disagio, quell’afa opprimente che appiccica i vestiti alla pelle, quel puzzo canicolare per il quale non c’è refrigerio alcuno. Lo racconta anche l’astrattismo fiammeggiante della copertina. Anche se, in verità, le pennellate vermiglie somigliano più a sangue che a fuoco e le strisciate bianche ricordano fanoni di balena che trasformano la figura in una bocca pronta a strapparci il cuore. Oppure, con uno sguardo in negativo, i denti sono quelli sanguinolenti e si fanno sbarre dietro cui si cela un volto pallido, già ingoiato dalla voracità del mostro. Di fronte a questo sguardo terrifico, anche i bpm si adeguano, in un incedere indolente che dà corpo sonoro all’arsura debilitante di certe estati roventi. 

Ecco la modalità con cui Tito Sherpa esterna la sua visione della società contemporanea. Una civiltà accerchiata da un sistema che mira a indurci comportamenti e a influenzare le nostre personalità. Un’organizzazione per la quale è necessario adoperasi attivamente, setacciando il bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti, eliminando i contenuti fuorvianti, inutili o dannosi (“Filtri”). Un ordine costituito in cui i centri di potere osservano dalla propria torre d’avorio il degradarsi del mondo che li circonda, indifferenti e preoccupati solamente di curare gli affari personali (“Castelli”). Non mancano elogi alla propria arte (“In-Vasi”, “inno all’autoproduzione (cit.)”) e la consueta celebrazione degli incontri e dei contatti sociali come rifugio dalla disumanità dei nostri tempi (“Nel vento”). In fondo siamo tutti “pezzi di Dio” (v. “Nebbia (Pianeta 13)”. Tutti parte di un’unica sceneggiatura, ognuno con la propria storyline, che trova senso solo nell’intreccio con le trame altrui all’interno del disegno generale dei nostri destini.

Tito Sherpa, per “Effetto serra”, si è avvalso dell’opera di Phine, collaboratore di lunga data del rapper fin dai tempi della Misticanza. Dietro l’enigmatico pseudonimo si cela il producer valligiano Martin Rivoira, fondamentale per il lavoro sulle basi, ma anche autore e vocalist su più di una traccia. L’apporto creativo di Phine è evidentemente paritario rispetto a quello di Sherpa. L’album esce infatti a nome di entrambi, suggellando una storia artistica che dura ormai da molti anni. D’altronde, se il sentore globale della musica di Sherpa è così straniante, quasi arrivasse da un altro pianeta, merito è anche dei suoni allucinati di Phine. Una produzione perfettamente aderente al significante verbale, ma anche veicolo coerente per le atmosfere soggiacenti.

Buon ascolto.

Ones

ones

Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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