TEN PAST NEVER – Enzo Zirilli ZiroBop

Zirobop è il nome del quartetto fondato una decina d’anni fa dal batterista torinese Enzo Zirilli. Durante il suo periodo londinese, Enzo conosce due giovani e bravissimi musicisti: il chitarrista Rob Luft e il contrabbassista Misha Mullov-Abbado, quest’ultimo figlio della violinista Viktorija Mullova e del direttore d’orchestra Claudio Abbado. Ai tre si unisce fin da subito il chitarrista pinerolese Alessandro Chiappetta, di stanza nel Regno Unito nel medesimo periodo. Nasce così un formidabile quartetto, il cui nome unisce lo pseudonimo del suo fondatore – un evidente calco del cognome – con un termine che ha segnato svariati periodi della storia del jazz.

L’Enzo Zirilli ZiroBop giunge, a inizio 2023, al suo terzo capitolo discografico. Come nei precedenti album – “ZiroBop” del 2014 e “Ten Past Late” del 2018 – anche il nuovo “Ten Past Never” è costituito dall’alternanza di brani originali e reinterpretazioni di standard più o meno conosciuti. Per la verità, nell’album d’esordio, la presenza di brani originali era decisamente più massiccia. In quest’ultimo lavoro, infatti, sono solo tre le composizioni di Zirilli e soci. Ma la scaletta, come sempre, è compilata in modo estremamente eterogeneo, con scelte che attingono a un ampio arco temporale, dal quale rimangono fuori solo pochissime epoche storiche. “Ten Past Never”, dunque, è soprattutto un intenso viaggio lungo la storia del jazz, che va da Charlie Parker fino a Keith Jarrett, passando per Thelonious Monk, Charles Mingus, Sonny Rollins e Steve Swallow. Nella tracklist, c’è posto anche per la musica italiana, con un paio di composizioni di Enrico Pieranunzi e dell’immancabile Pino Daniele. Senza dimenticare Andrea Allione, che merita una citazione a parte. Allione costituisce da sempre una sorta di musa ispiratrice per Zirilli, che ha condiviso molto della sua storia artistica con il chitarrista pinerolese, prematuramente scomparso alcuni anni fa.

L’itinerario di “Ten Past Never”, però, non è soltanto occasione per omaggiare i modelli a cui da sempre guarda il quartetto, ma anche un ideale veicolo tramite il quale Zirilli, Chiappetta, Luft e Mullov-Abbado possono esprimere appieno la loro straordinaria sensibilità artistica. Perché non c’è soltanto tecnica sopraffina e un interplay portato ai massimi livelli, ma anche grande energia e capacità di penetrare gli animi nel profondo. Siamo onorati di poter ospitare sulle nostre pagine Enzo Zirilli – che ringraziamo per la disponibilità – per farci raccontare nel dettaglio le istanze che soggiacciono al progetto.

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Ciao Enzo, grazie per aver accettato il nostro invito. I brani di “Ten Past Never”, seppur ascrivibili genericamente all’ambito jazz, sono stati composti in origine da autori molto distanti tra loro sia stilisticamente che cronologicamente. Qual è il denominatore che accomuna scelte così eterogenee?

La distanza stilistica dei brani del disco è solo apparente. La musica insegna che spesso le barriere sono puramente mentali. I miei riferimenti sono musicisti come Joe Zawinul o Wayne Shorter, che si sono sempre posti a cavallo tra la tradizione e l’innovazione. Ma anche Mingus, Monk, Coltrane, Count Basie, Duke Ellington, Miles Davis o Bill Evans, la cui arte è sempre stata caratterizzata da una grande modernità. Anche a me è sempre piaciuto, da una parte, restare ancorato saldamente alla tradizione. Ma, dall’altra, sono sempre stato attratto da tutte le forme disponibili di espressività musicale: musica etnica di provenienza indigena, musica dei nativi americani, musica indiana, africana, sudamericana, tango argentino, bossa nova, musica cubana, persino il prog-rock. Sono cresciuto con musica molto diversificata grazie agli ascolti non convenzionali del mio fratello maggiore Paolo. E anche quando ho continuato per conto mio nella ricerca, sono sempre stato – e sono tutt’ora – un ascoltatore onnivoro. Ho poi scelto di suonare jazz, perché lo considero come la casa di tutte le musiche, uno spazio che, pur all’interno di certe convenzioni, ti permette la maggior libertà espressiva possibile. Approccio e curiosità, per altro, condivisi anche dagli altri ragazzi del gruppo.

In un album fondato in modo preponderante su reinterpretazioni di composizioni altrui, qual è, se c’è, lelemento di ricerca o di espressività personale?

In un lavoro come il nostro non necessariamente si reinterpreta sempre ciò che si suona. A volte si rende solamente omaggio a un autore o una melodia. Vedi, ad esempio, “Remember Rockefeller at Attica” di Mingus, che chiude il disco, dove ci limitiamo ad esporre la melodia, senza soli. D’altronde Mingus è uno dei miei “eroi” e mi piaceva omaggiarlo senza stravolgerlo. Al limite, nel nostro lavoro, c’è una personalizzazione di tipo timbrico, perché in ZiroBop ci sono due chitarre. In questo modo il sound risulta lievemente differente rispetto a quello canonico. Talvolta persino provocatorio. Ma va detto che ci sono brani talmente belli così come sono stati concepiti che potrebbe persino sembrare iconoclasta andarli a toccare.

In “Ten past never” ci sono anche alcune composizioni originali, a cui avete contribuito, in modi diversi di volta in volta, tutti e quattro. Cosa ci puoi raccontare di questi pezzi?

Fin dall’inizio mi è sempre piaciuto combinare reinterpretazioni di brani altrui con composizioni nostre. In ogni album ognuno di noi ha sempre scritto o riarrangiato qualcosa. In “Ten Past Never”, ad esempio, c’è “Magnolia” di Alessandro Chiappetta, “No More Booze” di Misha Mullov-Abbado e “Valzer per Silvia”, un brano che ho composto io per Silvia, la mia compagna. Anche Rob Luft ha contribuito con un riarrangiamento di “Arun” di Charlie Mariano. Si attinge sempre da tante cose, ma la musica originale rimane sicuramente una delle prerogative di ZiroBop.

Con “Ten Past Never” raggiungete il terzo episodio della vostra discografia. C’è stata un’evoluzione nella vostra direzione musicale o avete cercato di mantenere una personale coerenza senza troppi scostamenti?

C’è un elemento che caratterizza il gruppo fin dall’inizio: siamo una formazione che ama suonare musica a 360 gradi ed è anche quello che piace al nostro pubblico. Chi ascolta un disco o un concerto di ZiroBop, nel giro di un’ora e mezza, può trovarsi catapultato in India o in Sudamerica, può ascoltare una ballad di Duke Ellington come un pezzo prog-rock. Questo è ciò che mi piace arrivi. La disciplina alternata all’anarchia, il caos organizzato del free jazz accostato alle atmosfere soffuse di un quartetto da camera o a digressioni rock e prog.

Nel mezzo a tanti mostri sacri del jazz, nel vostro repertorio risalta con forza la presenza costante di Pino Daniele. Qual è, per voi, l’importanza del cantautore napoletano?

Sono cresciuto con la musica di Pino Daniele. Mi ha segnato molto e mi ha fatto crescere. Ritengo abbia rappresentato una stagione importante per la musica d’autore italiana. Pino ha avuto un ruolo centrale in tutti e tre i dischi di ZiroBop, anche nel primo  – “ZiroBop” del 2014 – quando, tra l’altro, il cantautore era ancora in vita. Nei dischi successivi, poi, abbiamo continuato a celebrarlo, indirizzando le nostre scelte verso brani un po’ meno conosciuti del suo repertorio, come “Notte che se ne va” e “Nun ce sta piacere”. Inoltre, amo quel tipo di sound, per così dire, partenopeo. In qualche modo rappresenta anche le mie radici meridionali. E poi volevo rendere partecipi i ragazzi londinesi della storia di Pino Daniele. Rob e Misha sono cresciuti in Inghilterra e non avevano idea di chi fosse. Ora hanno imparato ad amarlo e si sono molto entusiasmati alla sua musica. Io ho vissuto quindici anni a Londra e mi piaceva anche l’idea di far conoscere la musica di Pino a un pubblico straniero.

Grande importanza in questi tre lavori ce l’ha anche Andrea Allione…

Io ho iniziato trent’anni fa a suonare jazz proprio con Andrea. È una figura che andrebbe conosciuta molto di più. Mi fa piacere suonare la sua musica nei dischi e dal vivo, perché voglio che la gente sappia che musicista è stato e che possa apprezzare anche e soprattutto la sua enorme cifra stilistica compositiva. Il primo disco l’ho dedicato interamente a lui e in “Ten Past Never” suoniamo il suo brano “Gangway”.

Più in generale, com’è nato ZiroBop? Come vi siete incontrati?

Ho vissuto a Londra per quindici anni ed è qui che è nato ZiroBop. Ho conosciuto Rob al concerto finale di un esame di un amico musicista che si diplomava alla Royal Academy. Nel gruppo, di cui facevo parte anch’io, c’era questo ragazzo molto giovane che ho apprezzato fin da subito per il suono e per l’intenzione. E aveva appena sedici anni! Tempo dopo ho conosciuto Misha in un jazz club dove suonavamo entrambi. Nel frattempo, Alessandro Chiappetta era venuto a stare a Londra per qualche mese. Ho subito pensato che, anziché fare due trii, uno con Alessandro, che mi piaceva molto, e uno con Rob, poteva essere interessante mettere su un quartetto con due chitarre, che era anche una cosa anomala e curiosa. Così, abbiamo organizzato una sessione di musica “casalinga” e da lì è partita l’idea di andare avanti col gruppo e di registrare.

Come vedi il jazz contemporaneo? Quali sono le strade possibili per un rinnovamento di un genere ormai ultracentenario? Qual è lo stato dell’arte della musica di oggi?

Io non credo tanto alle etichette, quanto alla curiosità dei musicisti. Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte, stando attenti a ciò che ci circonda. Bisogna tenere le orecchie bene aperte. D’altronde il jazz nasce come musica di contaminazione, è nel suo DNA. È una musica di commistione, che nasce dalla fusione dell’esperienza degli schiavi africani con la cultura occidentale, quella dei Creoli e dei Francesi, che stavano a New Orleans. Credo quindi che sia questa la strada giusta, quella di non stancarsi mai di percorrere sentieri diversi, soprattutto quelli meno battuti. Solo in questo modo si può creare qualcosa di bello, di grande. Anche se, purtroppo, ultimamente tutto sembrerebbe congiurare contro la bellezza. Parlo soprattutto della musica che si sente in giro, veramente deprimente. Credo che, in questo contesto, il compito degli artisti sia quello di non smettere mai di perseverare. Perché nonostante l’oscurantismo e la decadenza del nostro sistema culturale, considerando anche ciò che costantemente ci propinano i media, da insegnante osservo una situazione molto positiva. Ho girato tanto, ho insegnato in tutta Italia, da Nord a Sud, e posso constatare che ci sono moltissimi ragazzi con voglia, talento e curiosità. Bravissimi musicisti che fanno quotidianamente passi da gigante e che sono una grande speranza per il futuro. Proprio per questo diventa quasi una missione dare loro ciò che radio, tv e persino il sistema scolastico canonico, non sono in grado di trasmettere.

“Ten Past Never” si trova in forma liquida sulle consuete piattaforme di streaming. Ma se qualcuno volesse la copia fisica come se la può procurare?

La copia fisica del disco può essere richiesta direttamente a me attraverso le mie pagine social (https://www.facebook.com/enzo.zirilli). Oppure può essere acquistata durante la serata di presentazione dell’album che si terrà il 7 aprile presso il Folk Club di Torino. L’evento fa parte della rassegna “Radio Londra”, da me ideata tredici anni fa per portare a Torino, la mia città, tutti quei musicisti emergenti, e non, che ho conosciuto durante la mia esperienza londinese e con i quali collaboro da tanti anni. Attraverso la rassegna, sono transitati a Torino più di cento musicisti di varia provenienza, realizzando così un ideale ponte artistico tra la scena italiana e il resto del mondo. Per assistere alla serata, ci si può prenotare andando direttamente sul sito del Folk Club (www.folkclub.it).


Ribadiamo il nostro ringraziamento a Enzo Zirilli e invitiamo i nostri lettori a partecipare alla serata di presentazione di “Ten Past Never”. Oltre a offrirvi la possibilità di acquistare il CD, il concerto sarà ottima occasione per ascoltare dal vivo, e dalle nostre parti, questo straordinario quartetto. Intanto, di seguito, condividiamo con piacere il collegamento Spotify all’album nella sua versione liquida. Buon ascolto!

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Ascolta “Ten Past Never” di Enzo Zirilli’s Zirobop
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Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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