Mai pentiti! – Intervista a Marco Silenzio dei Barboncini


Ciao Marco, è sempre un piacere “ritrovarsi, anche se a distanza. Sono sempre stato appassionato dalla storia musicale di Pinerolo. Per ovvi motivi sono stato particolarmente attratto dalla scena punk e i Barboncini sono uno dei gruppi di cui ho conservato maggiore stima. Vi ho sempre apprezzati per la coerenza, per l’intensità della proposta, per le canzoni belle e semplici che avete scritto e suonato. Ogni vostro concerto era un evento, davvero molto sentito da chi quella scena la bazzicava. Ricordo quegli happening di gente tuonatissima e bevutissima, con gruppi fantastici quali Franti, Kina, Nerorgasmo, Bedbois e altri ancora. Esordii sul palco con gli Spleen proprio in uno di quegli autogestiti, nel 1987. E poi i vostri primi concerti, vestiti da carabinieri o con i parrucconi, con grandi striscioni dietro le spalle, con i volantini con i testi e con Blencio front-man veramente ruspante. Erano delle situazioni che hanno fatto venire voglia di scrivere canzoni a diverse persone. L’idea di poterne parlare con te mi frullava in testa da un po’ di tempo e sono contentissimo di poterla mettere in atto.

Per iniziare vorrei chiederti di raccontare sinteticamente la storia del gruppo e di indicarne i momenti, le situazioni, gli incontri che ne hanno maggiormente segnato il percorso. Mi rendo conto del fatto che questa sia una domanda molto impegnativa…

Impegnativo sarà essere sintetici. Nel 1988 quando sono entrato a farne parte i Barboncini Punx (questo sarebbe il corretto nome) già esistevano da almeno un anno ed erano già conosciuti a Pinerolo anche se non avevano mai suonato. A dire il vero non avevano neanche un pezzo e neanche dei ruoli ben definiti, si alternavano ai vari strumenti senza saperne suonare nessuno. Infatti (a differenza degli altri gruppi dell’epoca) nessuno era musicista ma tutti membri in vista di quel giro che si definiva degli scoppiati. Il giro degli scoppiati rispetto a quello dei metallari, dei rockers, dei new romantic o dei veteroprog-rock, aveva dalla sua pesantemente i numeri: erano ovviamente tanti, più di tutti gli altri, per cui i Barboncini fin dall’inizio hanno avuto una grande base di fans locali. Già da un anno e mezzo avevamo organizzato dei concerti autogestiti a Pinerolo e tramite questi avevo conosciuto Andrea il cantante. Assistendo per caso ad una delle loro prove, accordai loro la chitarra con il basso ed il risultato li impressionò a tal punto che mi valse il posto di chitarrista. Vennero fuori i primi pezzi, Supercarcere, C. I., Sogno, Spada, Barboncini e le prime esibizioni in cantina ed in una baita in montagna. Cominciammo a provare con i Makhnovcina, gruppo affine, in un pollaio dell’alta val Pellice, condividendo il loro batterista, pintoni di lambrusco, ciloni e colli di bottiglia. I brani parlavano della vita di strada, vita di piazza, non troppo politici ma condivisi dal pubblico locale. Se la memoria non mi inganna esordimmo al CSA SOBBALZO di Imperia. Poi passammo ad organizzare un concerto all’auditorium di Corso Piave, dove suonammo coi Makhnovcina ed altri gruppi. Andammo ad affittare a Bra un registratore a 4 piste a cassetta, imparai ad usarlo e registrammo in cantina la nostra cassetta (non mi piace chiamarla demo, perché non era un demo ma il prodotto finito), ne duplicammo 200 copie e la facemmo uscire con un libretto in cui i testi eran presentati sotto forma di fumetti e fotoromanzi. Avviammo un progetto dal nome “Stasera Mi Butto” assieme ad altri collettivi di Cuneo, Carmagnola e Pont Saint Martin, una serie di concerti in ogni posto dei quali poi riuscimmo a realizzare solo quelli di Pinerolo e Cuneo. Fummo invitati (o ci autoinvitammo non ricordo) a una due giorni a Modena dove suonarono anche i Kina e i Paolino Paperino Band. Il concerto venne registrato ed uscì in cassetta con un paio di nostri brani. Facemmo uscire una fanzine 40 LINEE (la capacità massima di una siringa) con un lungo fumetto in cui il supereroe Capitan Prazene lotta contro la Fiera dell’Artigianato.
Un momento importante fu quando entrarono Dario alla batteria e Marcella al basso, le nostre canzoni cominciarono a trattare di argomenti meno legati alla droga ed organizzammo la compilation Inni Della Rivolta, una raccolta di cover di canti anarchici. Cercammo di fare uscire un 10” compilation contro la guerra del golfo, ma nonostante vennero registrati i pezzi, il progetto non vide mai la luce. Tardammo molto in poter suonare di nuovo dal vivo perché né
 Dario né Marcella erano molto pratici coi loro nuovi strumenti. Quando ci riuscimmo suonammo ad Alessandria, alla Delta House di Torino coi Frammenti. Suonammo ad un concerto degli studenti medi all’auditorium coi Fichissimi ed il nostro ultimo concerto fu al Barocchio di Torino, dopo che Andrea aveva lasciato il gruppo. Nel 2006 grazie all’aiuto di alcune piccole distro ed etichette feci uscire TUTTE LE STORIE un CD antologico con tutto quello che era stato registrato decentemente.

Una cosa che ho sempre amato dei vostri testi è il fatto di essere riusciti a trattare temi enormi quali l’antiautoritarismo, l’azione diretta, l’anticlericalismo e altro ancora, partendo sempre da quel piccolo ano dell’universo che è Pinerolo. Si trattò di una scelta deliberata o fu casuale ?

Assolutamente deliberata. Son sempre stato convinto che anche se parli di temi interessanti legati alla tua esperienza personale, se lo fai in termini generalizzanti, resta tutto a un livello astratto che teoricamente si può relazionare a tutti però nella fattispecie non si relaziona direttamente a nessuno. Se parli del qualunquismo dei media, resta così, nell’aria, ma se parli dell’Eco Del Chisone a Pinerolo tutti si possono relazionare per esperienza diretta e dalle altre parti pure perché anche a Modena, a Potenza o in Trentino ci sono degli “Echi Del Chisone” e fanno la stessa cosa, così come c’è una piazza dove ti tirano il pacco e dei carabinieri che ti fermano. La realtà pinerolese era la stessa in cui vivevano il 90% dei giovani in Italia. Togli quelle 5 o 6 metropoli ed il resto è Pinerolo dappertutto.

Quando uscì  il CD di “Tutte le storie “, scrivesti saggiamente “…lottare per rendere obsolete la competizione e la proprietà privata…” C’è ancora spazio, secondo te, per queste meravigliose idee nella “moderna società neocapitalista” dove il mercato pare aver fagocitato tutto ? 

E’ un po’ paradossale, perché da un lato i computer e internet hanno reso accessibili a tutti tutta una serie di strumenti creativi per appunto creare e condividere cose gratuitamente, mentre dall’altro l’enorme mole di dati e materiale che circola, finisce per banalizzarne ed omologarne i contenuti, rendendoli innocui. Non facciamoci illusioni: internet è uno strumento controllato e gestito dal Potere che vigila perché non venga intaccata effettivamente la struttura sociale, economica e politica che mantiene questo potere. Le tue libertà continuano ad essere virtuali, come prima, però è più difficile accorgertene. Nessuno si passa varie ore di notte in caserma per condividere su Instagram il manifesto di un concerto, al contrario di quanto succedeva se, sotto i portici con secchio e colla, ti vedeva una gazzella degli sbirri. Però quelle ore in caserma ti rendevano cosciente di quel che stavi facendo, di quando superavi il limite della libertà concessa e ti motivava, ti aiutava a maturare una coscienza “politica”. Per tornare alla tua domanda credo che un poco di spazio resti, non è tutto anestetizzato e addomesticato da trent’anni di televisione berlusconiana e pensiero unico PD. Se la plebe applaude – o fa finta di niente – quando la feccia calpesta i panini per i poveri, comunque almeno un ragazzino si alza e gli tiene testa. Ecco, almeno quel ragazzino è “lo spazio che ci resta” (cit. Pedago Party), quel minimo di buonsenso rimasto su cui possiamo cominciare a parlare di cooperazione invece di guerra tra poveri, di autogestione invece di dittatura, di condivisione invece di proprietà privata, di accesso alle risorse secondo i propri bisogni invece di un’accumulazione fatta calpestando le facce degli altri per avere status symbol di cui non abbiamo effettivamente bisogno. In campo squisitamente musicale mi lascia allibito come, invece di mettersi insieme per creare spazi e momenti in cui suonare, la gente scalpita e sgomita per andare in tv a farsi umiliare in un talent show da figuri tipo Morgan, degno solo di lavorare in una salina o catramare autostrade ad agosto, dove 10 minuti dopo nessuno si ricorda di te. Ecco, quel che conta non è potersi esprimere, ma il concorso ippico, la corsa dei topi, il vortice del bidet. Il fatto è che devi aver qualcosa da dire, se ce l’hai e lo vuoi dire un modo lo trovi, se non ce l’hai ti resta solo sperare nei 15 minuti di fama al concorso ippico. Se senti il cd dei Barboncini poi potresti pensare: “beh in 5 anni avete fatto solo questo?”. Questa è la parte musicale registrata decentemente. In realtà quasi nessuno ci ha mai fatto suonare a Pinerolo, i concerti non ce li organizzava nessuno, ce li siamo organizzati noi, lavorandoci spesso mesi. La cassetta ce la siamo registrata noi, l’abbiamo distribuita noi. Non avevamo solo il gruppo musicale, c’era una distribuzione di materiale di altri gruppi, abbiam stampato compilation, magliette, fanzines, tirando su i soldi attraverso una rete di contatti che ci siam creati, abbiamo organizzato cene, feste, presidi, abbiamo creato un piccolo circuito con altre realtà simili alla nostra, abbiam condiviso le spese tra gruppi per spostarci. E sì, abbiamo preso multe e denunce quando abbiamo oltrepassato i limiti concessici, ma ci siamo espressi dove non c’erano spazi per farlo. Per concludere: sì credo che ci sia lo spazio e se non c’è bisogna prenderselo.

Come ho scritto precedentemente, è indubbio che nel pinerolese voi siate stati un gruppo “influencer”. Siete stati coverizzati ( anche dal sottoscritto , ndr…), citati come esempio, forse anche inconsapevolmente imitati. L’idea di “vestire” dei contenuti davvero alti con un’attitudine sanamente cazzona ha prodotto il risulato migliore che si potesse immaginare: esprimere una grande intelligenza senza risultare dei mattoni. Ma… i Barboncini da chi sono stati influenzati ? Io, conoscendovi sento la “presenza” di Crass, Franti ma anche dei Truzzi Broders e di certa musica popolare. Tu cosa ne dici ?

Mah, su “esprimere una grande intelligenza” potremmo discutere… Comunque, per rispondere alla domanda: decisamente i DEAD KENNEDYS. Facevano una critica corrosiva della società americana con dei testi in cui, lungi dall’essere una declamazione politica (tipo INFEZIONE), imbastivano delle storielle cattivissime con questi personaggi che spesso andavano incontro ad un violento karma.  Ammiro molto anche il loro modo di comporre ed adattare la musica del brano alle esigenze del testo, cosa bellissima e rara in un ambiente in cui si scopiazza un riff ed un giro di accordi e poi ci si appiccica sopra un testo composto a parte. DON MORERO SCHIZZA è un brano pesantemente influenzato dai DK, così come RAMPA UMANA, l’intro di CAPODANNO A 6500 è presa di peso da MORAL MAJORITY. Per il resto credo vada da persona a persona. Io personalmente son stato influenzato dai CHUMBAWAMBA (parlo delle prime cose, le cassette, gli EP, i primi due LP prima che passassero a fare musica commerciale per la EMI). I “travestimenti” di cui parlavi prima vengono dal loro modo di fare teatro all’interno di un concerto per comunicare di più, l’inserire momenti parlati all’interno di un brano (invece di un assolo), l’armonizzare le voci al posto dei cori da ubriachi son tutte cose che vengono dai CHUMBAWAMBA. Carenza è sempre stato notoriamente un emulo di Jello Biafra ed un grande fan degli UK SUBS. Andrea Blencio è un cantante di cui è difficile tracciare la “filiera” musicale, ascoltava i VICE SQUAD e i SUICIDAL TENDENCIES ma anche VASCO, GUCCINI e BAGLIONI però, come cantante, era decisamente unico, al limite è lui un’influenza per altri. Dario invece ascoltava gruppi tipo NoMeansNo o Primus, roba più difficile che lui poteva fare ma noi altri sicuramente no. La Marcella era per i gruppi tipo KREATOR, MOTLEY CRUE, MANOWAR. Per concludere devo dire che sono un po’ sorpreso dalle influenze che vedi tu, perché se è vero che i CRASS son stati una grossa influenza, sinceramente non ce ne vedo dei Franti o TruzziBroders, gruppi che comunque ascoltavamo.

…tre gruppi pinerolesi che in qualche modo ti sono piaciuti o che hai tollerato più di altri… naturalmente con le motivazioni.

1) Su tutti i CFC (Cruelty Free Core). Nati dalle ceneri di una posse adolescenziale, dopo essersi chiamati per un breve periodo Sacramentu, erano giovani, con belle idee originali e degli stupendi musicisti (il contrario di noi, insomma…). Avevano dei pezzi geniali e bellissimi, specie alla fine. Sciogliersi senza incidere niente fu il più grosso crimine musicale della scena pinerolese.
2) Sicuramente anche i 
TEATRO DEL REALE, il gruppo punk di Bruna, che oltre ad esser stata la prima punk ed una dei primi punk in assoluto  a pinerolo nei primi anni ’80, fu la prima a formare una punk band, con pezzi in cui si notano l’originalità, la freschezza e la sincerità del suo modo di comporre.
3) Direi le GARDEN.G anche loro per aver preso in mano gli strumenti e non essersi relegate al ruolo di spettatrici.
Metterei in panchina i 
MAKHNOVCINA che furono un grande gruppo. Anche se la maggior parte del materiale che finì sulla cassetta risente troppo (per i miei gusti) del brodo di cultura metallaro da cui si erano sviluppati, negli ultimi tempi prima di sciogliersi svilupparono dei brani veramente notevoli, anche perché erano dei manici. Anche i POGO PUNK mi piacevano.

Sono certo che non abbiamo superato la dose modica consentita di nostalgia. Spero che questa intervista possa avvicinare alla vostra musica qualcuno  che per motivi anagrafici non lo ha potuto fare ai tempi.

Non son affatto d’accordo sul definirla “nostalgia”, credo che la storia (locale, musicale e con la s minuscola), o meglio ancora le “storie” siano importantissime e indispensabili strumenti, delle basi su cui poter sviluppare un proprio discorso autonomo nuovo. Relegarle negli angusti confini della nostalgia significa negar loro una valenza nel presente e nel futuro. La musica di cui stiamo parlando non è stata registrata per ascoltarla da vecchi e piangere commossi, è stata registrata per circolare e comunicare, in qualunque momento. Nel momento in cui registri qualcosa, lo fermi nel tempo e credo che in questa sua atemporalità continui ad essere attuale (forse purtroppo). Circa 10 anni dopo aver registrato il demo – dopo vari anni che ci eravamo sciolti e neanche giravamo per Pinerolo – in quella specie di centro sociale che ci fu al foro boario per un breve periodo (ci girava un giro di ragazzi detti i cani sciolti) una sera vidi uno sconosciuto ragazzetto tamarroide che sul casco aveva scritto “ci tiran le ossa, rubiamo la polpa”. Ecco, se una cassetta tirata in 200 copie (all’epoca non era uscito il cd né potevi scaricare da internet) riesce a sopravvivere, copia di copia di copia, ed arrivare e piacere ad uno che faceva la scuola materna ai tempi e quindi non può avere “nostalgia”, vuol dire che la sua valenza (non dico valore ché sarebbe troppo) continua ad avercela.

Voglio davvero ringraziarti di cuore per la disponibilità. Spero che ci si possa ri-incrociare presto in una delle tue capate furtive a Pineland.

Mai pentiti!!!

guidoross

ones

Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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