Azzurro Mistral

Fu strano. Nel momento preciso in cui si aprì la porta dell’ufficio anagrafe ci fu un tuono più forte degli altri in quel mattino di temporale. E quando la ragazza alzò gli occhi dal suo PC e vide la sagoma stagliarsi contro luce allungò istintivamente la mano verso il pulsante di allarme: quell’uomo alto, coi capelli lunghi e gocciolanti, sembrava appena salito su dall’inferno. Entrò e sedette sulle seggiole d’attesa, posando a terra un usbergo arrugginito, un elmo pieno di tacche e bolli, uno spadone medievale. La mano indugiò sul pulsante e l’uomo alzò lo sguardo. La ragazza ritrasse la mano, rassicurata dal fiume azzurro che sgorgava da occhi buoni: lui abbozzò un sorriso e riabbassò gli occhi.

“Venga pure, mi dica”, si sentì pronunciare quelle parole con una voce che non riconosceva come sua. Lui sedette lì di fronte, le gocce che scivolavano sulle rughe come piccoli rivoli. “Ciao”, con quel Tu universale che gli usciva naturale da tutta la vita. “Dovrei fare la carta d’identità, per favore”. La ragazza compilò il form e cominciò a chiedergli i dati: nascita, residenza, domicilio, professione… ” Ok. Quindi anni 57, giusto?”. “No. 33”. Lei lo guardò, pensando a una improbabile battuta ma incrociò un’onda azzurra serissima. “Guardi, signore, non può essere”. “33”, ribadì. “Me ne hanno rubati 24”, disse senza risentimento, con un sorriso pacato. “Quindi in effetti ne ho 33 ed è tutto nuovo vivere”.

La ragazza osservò con cura quel viso. I capelli più asciutti erano biondi, le rughe non più così pronunciate. L’uomo si mosse e i suoi bracciali tintinnarono, e mentre si voltava verso la finestra sembrava ringiovanire via via che passavano i minuti. Incrociò nuovamente il suo sguardo, per un istante lunghissimo. Poi prese il nuovo documento e scrisse anni 33. Lui si alzò ringraziando con una voce profonda, ricca di armoniche antiche. Uscendo si voltò verso la ragazza: “Scusa, sono nuovo di qui, sai dirmi dove posso trovare una discarica qui vicino?”, chiese indicando il mucchio di ferraglia bagnata lì accanto alle seggiole. Lei se lo sentì proprio uscire dal cuore, senza sapersene dare spiegazioni. “Lascia tutto lì. Me ne sbarazzerò io, tu vai pure”, passando con un po’ di timido stupore anche lei a quel Tu che l’uomo trasmetteva in ogni gesto.

Lui sorrise. Lei contraccambiò. “Ciao…”. “Ciao…”. Quasi all’unisono sentirono le loro voci mescolarsi in un “a presto”. Lei arrossì. Lui chi può dirlo, l’ombra gli nascondeva il viso. Dopo pochi istanti sopra il rumore del temporale cantò nitido il respiro di un diesel di altri tempi. Lei si avvicinò alla finestra. In tempo per vedere scomparire tra la pioggia un vecchio Land Rover. Lasciò un alito di vento. Azzurro come il Mistral.

Roby Salvai

Pinerolese. Musicista da 50 anni. Guida professionista in Africa per quasi due decenni. Scrittore per Effatà Torino, Polaris Firenze, Mucchi Modena, Prospettiva Editrice Roma. Ha collaborato con Edt Lonely Planet.

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