Esdra, quarant’anni di musica

Tutto, anche questa volta, iniziò nel negozio di dischi di Bonetto, sotto ai Portici Nuovi di Pinerolo. Il giorno del mio dodicesimo compleanno comprai il mio primo disco, Sgt. Pepper’s dei Beatles. Fu un fulmine che devastò la mia mente, i miei sogni. E segnò tutta la vita a venire. L’irresistibile desiderio di fare musica, anzi, proprio Quella musica, divenne un’esigenza primaria. Cos’è, cosa diavolo è lo strumento che fa questo suono scuro, grave, questo bum bum meraviglioso. Un basso? E cos’è un basso? Un violone trasformato in chitarra? E come si suona? I miei cinque anni di chitarra classica al Corelli sfumati in un istante, la mia scalcagnata Ferrarotti storpiata, deturpata con quattro corde da contrabbasso per avere anch’io tra le mani quel suono affascinante. Tutto questo sotto lo sguardo severo di mia madre, sempre più preoccupata per le stranezze di questo figlio incollato alla fonovaligia per ore a riascoltare e riascoltare la stessa canzone…

E fu, di conseguenza, naturale il nascere, quasi immediato, di una voglia irrefrenabile di fare anche io come i quattro di Liverpool: volevo un mio complesso, volevo fare musica con altri insieme a me. Fu così che un giorno partii a piedi per andare a lasciare nella buca della posta di un mio coetaneo che sapevo suonatore di chitarra, una lettera. Con su, ben scritta, una proposta di fondazione di un gruppo per suonare le canzoni dei Beatles. Il ragazzino, tredicenne come me, era Mario Manduca. Accettò. Ma due erano poca roba, bisognava essere almeno in quattro, come i Beatles! Così, unendo le forze, coinvolgemmo nel progetto Beppe Bonnin e Maurizio Allasia. E nacquero i Cavern’s.

Il nostro primo e unico concerto si tenne il 23 ottobre del 1977. Poi Beppe e Maurizio, per motivi diversi, lasciarono il progetto. Alla seconda chitarra trovò posto il caro, sfortunato Lorenzo Morello, sempre nei miei pensieri ancora oggi. Rimaneva vacante il ruolo di batterista. Fu un caso il nostro incontro con quello che, oltre a diventare poi il nostro batterista, divenne una istituzione della musica pinerolese. Un sabato pomeriggio, in un salone del Murialdo, mentre io e Mario parlavamo di progetti di concerti immaginari, ci si fece incontro un ragazzino paffuto con un caschetto di capelli castani: “Vi ho sentito parlare. Vi serve un batterista?”… Da vera merda che già ero a 13 anni, prima di accettarlo nel gruppo andai a fargli una vera e propria audizione. Tutto un bluff, ovviamente di batteria io non capivo nulla. Ma quando vidi la sua Pearl color argento luccicante, con tutti quei piatti, piattini e tamburi mi sembrò di essere a un passo dal diventare davvero una rock star. Il batterista divenne parte del complesso: il suo nome era Daniele Bianciotto.

Fu quasi immediata, con l’arrivo di Daniele, la voglia di cambiare strada, obiettivi: amavamo tutti e quattro i Beatles, certo. Ma tutti e quattro avevamo voglia, forse proprio bisogno, di fare una musica diversa. Di non copiare nessuno, di provare a fare qualcosa di totalmente nostro. Di scrivere musica e portarla su un palco. Il nome Cavern’s, palesemente riferibile ai baronetti di Liverpool, divenne fuori luogo, e fu cambiato con Moondogs. Chissà perché, forse solo perché ci piaceva il suono. Lorenzo, intanto, più grande di noi, lasciò Pinerolo e noi ci si trovò nuovamente senza un chitarrista. Pinerolo, in quella fine degli anni 70, era un fermento di musica nascente: ovunque i quindicenni fondavano gruppi musicali, nel 1978 in città si contavano 22 band. Non fu difficile trovare un chitarrista interessato a suonare le nostre prime strampalate canzoni. Solo che non era un quindicenne qualsiasi con il sogno adolescenziale ed effimero di fare la rock star, no. Anche lui, come Daniele, stava muovendo i primi timidi passi che l’avrebbero portato ad essere, oggi, uno dei migliori chitarristi rock del torinese. Il suo nome era Mario Bellia.

Eravamo affamati di cose nuove, ascoltavamo di tutto e tutto lasciava segni nel nostro scrivere musica. Toto, Genesis, Kansas, Van Der Graaf, Jethro Tull. E poi ancora Zeppelin, Deep Purple, Pink Floyd. Un’orgia di input dei più diversi da cui attingere per scrivere le nostre prime canzoni. Nostre. Tutte nostre. E, certo, si iniziò a dire tra noi, ci vorrebbero delle tastiere. Era il 1979. “Mio cugino suona il pianoforte. Potrei chiedere a lui, però non so, secondo me di fare musica moderna non gli importa…”, ci disse un giorno Daniele. Invece gli interessava, anche se era più giovane, aveva 13 anni. E gli interessava veramente, così tanto che la musica, col tempo, divenne la sua vita e lui il musicista più famoso della nostra città. Quel giorno entrò nel nostro gruppo Francesco Caudullo, il nostro straordinario Madaski.

Fu un bel periodo, il tempo dei carretti a mano presi in prestito al buon Don Paolo per andare a raccogliere il cartone in piazza Fontana, spingerli carichi fino alla cartiera di Abbadia per vendere a chili il cartone da riciclare. E poi, sempre a piedi e con lo stesso carretto ora da Rinaldo ora da Rogirò si andavano ad affittare gli amplificatori, che soldi non ce n’erano. Fu il tempo bello degli scantinati chiesti alle parrocchie, ai parenti, a chiunque, per farne la sala prove. Fu il tempo magico della grande cantina dell’INAIL di Pinerolo, che trasformammo in un vero e proprio rifugio stile Via Pal, con vecchi tappeti, divani sfondati, coperte stese a guisa di pareti… E dove, puntualmente, ognuno di noi finiva per andare ogni giorno, anche per proprio conto, perché suonare era la pulsione più potente in ognuno di noi. Si rimorchiava una fidanzatina? La si portava a vedere il Rifugio. E quando arrivavi magari ci trovavi Mario che studiava qualche assolo, o Frenk che scriveva qualcosa di strano. Allora prendevi il tuo strumento e della fidanzatina ti dimenticavi. Che di musica, letteralmente, si viveva. Tutti noi.

Nel 1980 entrammo in studio di registrazione, cinque sedicenni con un’energia straordinaria e con un transatlantico di idee pronte a sbocciare. Per l’occasione cambiammo ancora una volta il nome della band, che diventò Esdra. Fu un bel periodo, di grandi soddisfazioni e di profonda sintonia. Insieme partecipammo, noi ancora praticamente bambini, al primo Rock Festival Italiano, suonando al parco dell’Avogadro a Torino e al Teatro Alfieri, arrivando incredibilmente fino in finale. La nostra musica si volse sempre più verso il progressive rock, con composizioni davvero strane, dissonanze e timbriche sempre più innovative.

Nel 1981 entra negli Esdra un nuovo cantante, Lucio Cassinelli, che porterà una ulteriore ventata di progressive nel gruppo, abbandonando i testi in lingua inglese in favore di liriche in italiano. Nel 1982 Francesco lascia la band per sperimentare nuove strade musicali e di lì a breve anche Mario Manduca. Gli Esdra diventano un trio di musicisti più un cantante e l’influenza di gruppi come Area, Brand X, PFM, Banco si fa via via più intensa, tanto che le ultime demo registrate in studio nel 1982 e 1983 sono sempre più criptiche e al contempo tecniche. La crescita individuale e diversa nei contenuti dei singoli musicisti porterà gli Esdra ad un lento ma irrimediabile scioglimento del gruppo alla fine del 1983. In quell’anno ciascuno di noi pose le fondamenta di ciò che sarebbe stato il proprio percorso musicale futuro. Si intrapresero strade differenti. A volte lontane, a volte vicine le une alle altre. Spesso talmente vicine da incrociarsi ancora portandoci in più occasioni e in diversi contesti a fare ancora musica insieme. Resta il fatto che dagli Esdra presero vita alcune tra le più splendenti espressioni musicali del pinerolese. Dai Whitefire ai Tripals, dagli Africa Unite al Gerardo Cardinale Quartet, dai Viola Zann ai Solmama, fino alla Tango Orquestra e al Roby Salvai Ensemble. E, appena un anno fa, l’ultima formazione degli Esdra si è riunita in studio a produrre un bellissimo album, “Profeti e Robot”: come un cammino che prosegue, da quelle impronte sbiadite di più di 40 anni fa. Un cammino che ancora non ha esaurito i suoi passi.

Roby Salvai

Gli Esdra

1979/1981 Roby Salvai, Daniele Bianciotto, Mario Bellia, Mario Manduca, Francesco Caudullo.
1981 : Roby Salvai, Mario Bellia, Mario Manduca, Daniele Bianciotto, Lucio Cassinelli.
1981/1983 : Roby Salvai, Mario Bellia, Daniele Bianciotto, Lucio Cassinelli.


Produzioni Musicali:

“Esdra”, 1979. Demotape registrata dal grande, mitico Mario Scrivano.

“Esdra 2 (The Story)”, 1981. Altro demotape di Mario Scrivano.

“Esdra 3 (Meandri cerebrali)”, 1982.

“Profeti e Robot”, 2022. CD prodotto da Bellia, Bianciotto e Cassinelli, registrato in location differenti (Daniele Bianciotto, batteria, Roby Salvai, basso, in home recording a Cavour. Mario Bellia, chitarre, Lucio Cassinelli, voci, presso uno studio), testi e musiche di Bellia, Cassinelli.


Di seguito alcune registrazioni effettuate nel 1981 durante una sessione di prove, con un registratore a cassette, alcune immagini di repertorio e, al termine, una specie di albero genealogico degli Esdra con le formazioni ascendenti e discendenti.


Roby Salvai

Pinerolese. Musicista da 50 anni. Guida professionista in Africa per quasi due decenni. Scrittore per Effatà Torino, Polaris Firenze, Mucchi Modena, Prospettiva Editrice Roma. Ha collaborato con Edt Lonely Planet.

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