MUSICK – Lorenzo Santangelo

Vi siete mai accorti che, ruotando di novanta gradi in senso antiorario una chiave di basso, si ottiene un’emoticon dall’espressione triste? La copertina del nuovo CD di Lorenzo Santangelo gioca proprio su questa curiosa consonanza visiva, per estrapolare dal simbolo nuove e inaspettate connotazioni. Se coricata di lato, infatti, la chiave di Fa si trasforma in un contrito volto stilizzato, le cui sfumature malinconiche fanno pensare alla musica come a un’arte avvilita, fragile. Dietro questa particolare scelta grafica si celano riflessioni socio-culturali, che disvelano una collocazione polemica dell’autore nei confronti della musica di oggi. Da tempo, infatti, essa sta imboccando la via di una sempre più marcata strumentalizzazione. Appare in balìa di un presente che ne ha emarginato i caratteri più passionali. Lo scopo ultimo sembra diventato quello della visibilità mediatica, mentre la comunicazione del pensiero, l’espressione dell’interiorità, la condivisione delle energie, sembrano ormai obiettivi di second’ordine.

musick lorenzo santangelo copertina

Nel disegno si mimetizza così l’idea di fondo del cantautore, quella della necessità di recuperare l’autenticità espressiva della scrittura e della composizione. Una spontaneità creativa che si sta man mano perdendo, laddove la sostanza viene via via fagocitata dalle esigenze dell’apparenza. L’aspetto visivo, per altro, è soltanto uno degli elementi con i quali viene espresso il concetto. Ad esso, infatti, sono strettamente connessi il calembour linguistico del titolo e tutto lo sviluppo tematico della title track, dove l’aggettivo sick nelle sue varie accezioni – stanco, stufo, malato – diventa il disperato suffisso che enfatizza la condizione precaria della musica contemporanea.

Ma “Musick” non è propriamente un concept sullo stato dell’arte. Anzi, la ricerca ossessiva dei follower o dei like, stigmatizzata proprio dalla canzone che dà il titolo all’intero lavoro, si fa allegoria di una critica più generalizzata alla società di oggi. Un sistema in cui si stanno attestando, come dominanti, i pensieri e le condotte diffuse attraverso i social. “Millenni di progresso per migliorarci un po’, persi in un secondo, in un balletto su Tik Tok”, canta Lorenzo in “Lo squalo della Groenlandia”. Quella che appare come una delle canzoni più accattivanti di questo suo nuovo lavoro, riassume bene il leitmotiv dell’album. Una posizione critica che è diventata un topos dei suoi testi. Vi si sottolinea il decadimento dei rapporti sociali originato dalle peculiari dinamiche delle nuove piazze digitali, dove imperano superficialità e arroganza. Dove tutto – o quasi – è artefatto e menzognero. Così, in questo decadimento morale, la nostra condizione mortale assume l’aspetto di un sospiro di sollievo. La breve vita cui siamo destinati ci eviterà il supplizio di un’esistenza di centinaia di anni – rappresentata metaforicamente dalla millenaria Quercia di Abramo e dallo squalo nordico del titolo – da spendere su un pianeta alla deriva, osservando impotenti, per un tempo interminabile, il suo ormai inevitabile declino.

Quello di Santangelo è un cantautorato leggero, che ammicca al pop, che si lascia permeare volentieri dai suoni del ventunesimo secolo. Come nel caso delle scansioni R’n’B e del cantato rap della title track. O delle armonie di “Metal Detector”, debitrici dell’orecchiabilità da tormentone estivo del reggaeton. Motivetti che, li senti due volte, e ti girano in testa per mesi. Una musica che sa rendersi estremamente radiofonica, ma che sa anche raccogliersi in momenti più intimi, emozionali. L’alternanza tra l’interesse analitico per le dinamiche sociali e la riflessione sui sentimenti conferma la duttilità di Santangelo nell’adeguare i registri linguistici. Nelle ballate sa tirare fuori un sentito quanto malinconico lirismo, mentre da cronista dei nostri tempi è un’ironia disincantata a tratteggiarne lo stile. Il codice vira verso un’impronta colloquiale, non di rado valorizzata da spunti invero geniali, che usa il mondo di internet e dei nuovi dispositivi come arena metonimica per raccontare il nostro mondo e lanciare le sue invettive. Uno specifico uso delle parole che rende tutto più lieve e fruibile, senza però sacrificare mai una certa profondità critica.

Questo punto d’osservazione, che si manifesta soprattutto in un sentimento d’alienazione rispetto alle abitudini correnti, si trova in molte canzoni del disco. Non solo nella già citata “Lo squalo della Groenlandia”, dove senza mezzi termini si dequalifica il nostro pianeta a un pessimo posto dove vivere. Ma anche nell’arrabbiata “Il vero italiano”, che sciorina un nutrito elenco di vizi nazionali, tra aneliti fascisti, razzismo serpeggiante, bigottismo cattolico ed evasione fiscale. L’uso degli stereotipi diventa qui un veicolo per raccontare il nostro Paese nei suoi più turpi difetti, ma anche per evidenziarne gli esempi più fulgidi. Oppure “Play Bach”. Nell’ennesimo gioco di parole che oppone la musica alta allo svilimento che le ha procurato un uso sbagliato della tecnologia, c’è l’ennesima disapprovazione verso il mondo dei social e verso le sue storture (“su Facebook non credo neanche a mia moglie”).

Dove questa idea meglio si condensa è in “La minoranza”. Già pubblicata a fine 2022 come singolo, la canzone punta il dito ancora una volta contro gli aspetti più discutibili delle reti sociali. Esse rappresentano il luogo dove abbiamo cominciato a perdere l’abitudine al confronto. Dove ci si accapiglia per un nonnulla. Dove le opinioni espresse sono basate più sul sentito dire che su una reale competenza. Nelle quali, di conseguenza, i toni si inaspriscono e si abbassa la qualità degli scambi dialettici, in un vuoto intellettivo che ormai sembra aver fagocitato la più larga parte della nostra società. Il brano si fregia della presenza di alcuni ospiti di grande richiamo. Non solo l’attore Neri Marcorè, che duetta con Lorenzo dietro ai microfoni, ma anche il violinista Francesco Moneti, il “Fry” dei Modena City Ramblers. Il suo riff dalle connotazioni folk sostiene un ricamo metrico che rimanda a De André, non a caso citato nel testo con un paio di frasi dalla “Guerra di Piero”.

A proposito di De André, la terza traccia di “Musick” si chiama “L’arancio”. Con essa, nel gennaio 2022, presso l’Auditorium della Musica di Roma, Lorenzo si è aggiudicato il Premio intitolato al cantautore genovese, sbaragliando la concorrenza di circa 1300 aspiranti. Si tratta di uno dei vertici lirici del disco che, meritatamente, ha permesso al cantautore di portarsi a casa il prestigioso riconoscimento. Attraverso un’intensa ballata in dialetto, Santangelo trasforma in canzone un immaginario monologo del nonno, sintetizzando possibili insegnamenti intergenerazionali1. Di fatto, si tratta di un pretesto per riflettere sulla vita, sullo scorrere del tempo, sulle occasioni perse e sui sogni infranti. Ma è anche una considerazione sull’importanza del sistema valoriale tradizionale, in cui l’amore continua a giocare un ruolo determinante.

1https://www.spettacolomania.it/intervista-a-lorenzo-santangelo-con-larancio-ho-regalato-limmortalita-a-mio-nonno/

“L’arancio” rappresenta l’altra faccia di “Musick”. Come accennato, le canzoni di Lorenzo non sono soltanto caustiche invettive verso i caratteri delle esperienze quotidiane coeve. C’è in esse un’anima poetica che sa svincolarsi dalle disillusioni più deludenti per recuperare una delicata ispirazione tramite la quale viene scandagliato l’intricato universo dei sentimenti. Se “L’arancio” è la punta di diamante del lato più intimista della scrittura di Santangelo, fanno parte di questa categoria anche le emozioni adolescenziali di “Subbuteo”, la dichiarazione d’amore per la propria terra e le proprie radici di “Asfalto bagnato” e la conclusiva “Zombie metropolitani”. Un affresco urbano che sottolinea la solitudine dell’essere umano, specie quando collocato nella massa indistinta della città, nel quale risalta il suggestivo connubio timbrico pianoforte-violino.

Lorenzo Santangelo è un cantautore originario di Roma, ma pinerolese di adozione. Da qualche anno è iscritto all’anagrafe di Frossasco, paese che ha raggiunto per amore – ma anche per una certa attrazione nei confronti del territorio – dopo alcune esperienze internazionali agli antipodi, culturali e geografici, rispetto al nostro locale provincialismo. Malgrado il suo cosmopolitismo, però, nella sua musica sono chiari i tratti tipici dell’italianità, che ritornano ovunque nella sua musica, sia tra le melodie, sia incastonati tra i versi. E, a proposito di legami territoriali, va fatta un’ultima menzione alla canzone più “pinerolese” dell’album. Nella già citata “Metal Detector” – nella cui formazione, tra gli altri, troviamo Ninja dei Subsonica alla batteria – Lorenzo spartisce il ruolo di voce solista con Bunna degli Africa Unite. Nel video, inoltre, ci si gusta il simpatico cameo di Madaski, che fa gli onori di casa nel dehors del “Damada”, il suo ristorante, situato nel pieno centro di Pinerolo.

“Musick” è uscito inizialmente soltanto su CD, ma dal 9 giugno è arrivato anche sulle principali piattaforme di musica liquida. A prescindere dalle vostre preferenze, vi suggeriamo di ascoltarlo su supporto fisico, dove si possono apprezzare meglio non solo la freschezza autoriale e l’intensità interpretativa di Lorenzo Santangelo, ma anche l’ottimo lavoro di esecuzione, produzione e arrangiamento, grazie anche al nutrito team che ha preso parte ai lavori, costituito da un lunghissimo elenco di nomi top della scena italiana. Insomma, per tutti gli appassionati di musica cantautoriale contemporanea, si tratta di una vera perla!

Ones

ones

Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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