Il 24 novembre è uscito per La Tempesta Dub il nuovo LP dei Mahout: “My Heart is a Stoner”, distribuito da Believe Italia. Una sorta di concept album legato dal “fil-rouge” della seconda possibilità. Abbiamo provato a capire le fondamenta di questo lavoro con Emiliano Griso e Marco “Benz” Gentile. Il primo, Emiliano Griso, è frontman ed autore praticamente di tutti i brani del disco ad eccezione di due tracce, tra le ultime cronologicamente composte, co-scritte con il secondo, appunto Marco “Benz” Gentile, chitarrista della band nonché produttore del disco.
Da subito è chiara la comunione di intenti tra i due. La medesima visione, la base per ottenere i risultati voluti e veicolare il messaggio. “My Heart is a Stoner” è un disco che viaggia lungo la strada della trasformazione personale. Un tema universale, non banale ed estremamente complesso. Vincere e superare una crisi, porta ad una “rinascita”. Consente di uscirne trasformati, non per forza migliori ma più stabili.
Il disco ha avuto un periodo di incubazione lungo, circa quattro anni, e di conseguenza i brani sono stati scritti in tempi differenti tra loro, ma questo conferma la tematica. I grandi nodi attorno ai quali gravita la nostra vita sono duraturi, non volatili. Il superamento o lo scioglimento di questi non può essere breve. Di conseguenza il disco.
Il messaggio che si legge tra le note e le parole è quello di affrontare le difficoltà della vita in maniera positiva. Combattere lo struggle esistenziale con il sorriso dolce-amaro tipico della musica giamaicana. I Mahout, nel loro essere estremamente intimi, provano a ballare sulle macerie della vita, anche giocando a volte con la rabbia tipica del punk. È un approccio spirituale, quasi di sublimazione. In questo la musica è lezione di vita.
Ma attenzione perché la risultante di questo pensiero è possibile solo perché i Mahout sono sì reggae, ma conoscono ed escono proprio da una fusione che abbraccia origini e atmosfere giamaicane, tipiche della cultura pinerolese dalla quale provengono, alla grande conoscenza e passione di punk e grunge. La scelta dell’approccio meditativo è possibile e consapevole grazie a questa fusione.
Il disco si avvale di collaborazioni eccellenti, tra gli altri: Larry McDonald (Bob Marley, Gil Scott-Heron, Lee Scratch Perry, The Skatalites, Toots & The Maytals, e Peter Tosh e Bunny Wailer dei Wailers); Peter Truffa (Giuliano Palma & The Bluebeaters, New York Ska Jazz Ensemble). Come anticipato, l’album è prodotto da Marco “Benz” Gentile, già con Africa Unite, Dave Hillyard & the Rocksteady7, Meg, Architorti. Queste collaborazioni permettono al disco di esprimere quel sapore tipico delle radici derivanti dall’esperienza musicale di provincia, unite ad un suono dal sapore più internazionale.
I Mahout oggi sono: Emiliano Griso, Marco Benz Gentile (Africa Unite, Meg, Dave Hillyard & the Rocksteady7, Architorti), Marco Pakko Catania (Africa Unite, The Bluebeaters, Jr. Thomas & The Volcanos, Jackie Mendez), Matteo Giai (Niccolò Fabi, Levante, Bianco, Architorti) e Alessio Sanfilippo (Levante, Verano, Napoleone).
Nel disco hanno suonato Emiliano Griso (voce e chitarra), River (basso), Enrico Battaglino (batteria), Marco Gentile (chitarre, programmazione e tastiere addizionali), Peter Truffa (tastiere), Larry McDonald (percussioni), Avant Andrè (scratch in “Friday Night” e “Spiritual Gangster”) e Francesco Salvarola (chitarra solista in “Mexican Border”).
Nicola Giordano