PANGEA – The Magic Cell

Eravamo verso la fine degli anni Novanta. All’interno di una scena molto fervida, a Pinerolo si stava facendo notare una band composta da tre giovani ed eccellenti musicisti che, a dispetto dell’età, dimostravano già una corposa dote di idee, un’invidiabile maturità compositiva e un’urgenza creativa certamente al di sopra della media. Andrea Caruso, Oliver D’Adda e Marco Varvello furono i protagonisti di un’avventura artistica breve quanto straordinaria, caratterizzata soprattutto dalla necessità di uscire dai sentieri già tracciati e battuti dai più. Il nome della band, dopo vari ripensamenti, assunse la denominazione definitiva di The Magic Cell, il cui condensato di rock classico, crossover anni Ottanta e psichedelia confluì, a inizio millennio, in un interessante progetto discografico.

Si trattava di un album composto da brani inediti e cover, in cui emergevano a chiare lettere i modelli di riferimento dei tre, tra riff indiavolati, ritmiche funk e una robusta attitudine lisergica. Nelle tre tracce originali era evidente l’appartenenza al filone crossover del periodo, con particolare riferimento al lato più duro dei Red Hot Chili Peppers. Le cover invece rappresentavano un tributo ai propri modelli artistici. Non solo, evidentemente, la band di Flea e Kiedis, ma anche e soprattutto moltissimo rock classico: Hendrix, Led Zeppelin, Pink Floyd e Beatles.

Pangea” – questo è il titolo dell’album – è rimasto inedito per una ventina d’anni. Fino al 2022, quando attraverso l’etichetta indipendente di Varvello, la Noise Ark Records, viene finalmente rilasciato su tutte le principali piattaforme di streaming. L’occasione è ghiotta non solo per ascoltare la musica in esso contenuta, ma anche per farcelo raccontare, insieme a tutta l’epopea dei Magic Cell, direttamente da chi fu protagonista di quell’avventura. Di seguito, dunque, ospitiamo con molto piacere le parole con cui Marco Varvello ricorda la storia della band, seguita dal collegamento Spotify all’album.

Ones

The Magic Cell

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Oliver D’Adda – voice, drums

Andrea Caruso – guitar, voice

Marco Varvello – bass, synths, voice

L’INCONTRO

La band nasce a Pinerolo (TO) nel 1999. Andrea Caruso, chitarrista poco più che ventenne e con alle spalle alcune esperienze in gruppi rock, ha da poco incontrato Oliver D’Adda, batterista e cantante italo-inglese classe 1980 appassionato di metal e hip-hop, e decidono di mettere su un gruppo. A breve contattano Marco Varvello, tastierista e bassista anche lui classe 1980 e appena affacciatosi alla scena musicale locale. Si mettono d’accordo, il sabato pomeriggio Caruso passa a prendere Varvello al Bergantino (noto bar della zona), Varvello è affascinato da questo chitarrista che pare teletrasportato dal 1970, insieme si recano da D’Adda a San Pietro Val Lemina, che nella cascina dei genitori ha allestito una rudimentale sala prove nella ex stalla, collegano gli strumenti e accendono gli amplificatori.

L’INIZIO

I tre trovano subito un terreno comune che senza fronzoli si tuffa nel rock psichedelico di Hendrix e dei Pink Floyd, nell’heavy blues dei Led Zeppelin, nel funk dei Red Hot Chili Peppers. A D’Adda sono demandati ritmica potente e voce, che essendo madrelingua inglese scorre fluida nelle rime rap e nella ritmica vocale; inoltre l’uso della voce come strumento creativo e l’attitudine naturale a usare diversi registri gli permettono di salire con le note alle vertiginose altezze di Robert Plant, così come di usare la voce come strumento ‘elettronico’.

Caruso regna sui riff con una stratocaster infilata in un amplificatore Sovtek valvolare da 100W spinto al massimo, nella ‘sala prove’ non si resiste per molte ore di fila senza uscirne storditi, ma la chitarra non si ferma, l’uomo sembra nato con tutti gli album di Hendrix e Led Zeppelin già in circolo… Varvello si posiziona in un ruolo duttile: nel power trio il basso non è certo uno strumento secondario, e 300W di amplificatore gli permettono di non tirarsi mai indietro. Ma quando iniziano le improvvisazioni collega un sintetizzatore Korg MS-2000 all’impianto, e i tre si spingono un po’ più in là nel cielo.

I LIVE

Il primo concerto, da lì a pochi mesi, è alla festa di fine anno del Porporato, “Purple Haze” è il brano che aprirà i concerti da lì in poi. Il sound funziona. Poi arriva Salza Music 1999, ultimo gruppo ad esibirsi alle 4 di mattina, per i pochi ‘sopravvissuti’, e ancora altri locali in zona. Si aggiungono pezzi dei Rage Against the Machine, intere suite dei Pink Floyd (“Echoes”), dei Led Zeppelin (“Dazed and Confused”) che contengono al loro interno inserti di elettronica, Jamiroquai, improvvisazioni piuttosto lunghe, sfiorano i 30 minuti… tutti e tre i componenti cantano, ognuno ha le ‘sue’ cover, e può contare sugli altri per le backing vocals. La modalità è quella dei Pink Floyd: noi facciamo il film, tu lo guardi, decidiamo noi.

Salza Music torna nel 2000, questa volta all’una, orario di punta, e lo spettacolo non delude. Forse il concerto più memorabile è allo Stranamore a gennaio 2021, tre ore di rock sudato, furioso. Ad ora la band si è chiamata Katch’ma Drift prima, Quasar poi.

SCRITTURA

La band prova regolarmente e improvvisa, compone da subito materiale originale, i primi pezzi propri sono testati sul palco: i riff profondi e ripetuti sono sostenuti da ritmiche crossover, funk, la voce gioca su diverse tessiture, al synth si aggiunge un’altra tastiera, le pedaliere. I tre sono decisi a dire qualcosa, e a sembrare almeno il doppio. “Anger”, “Song Number 54”, “Fuoco”, “Terra”, sono solo alcuni dei brani, che superano spesso i dieci minuti di durata, che la band compone. Il richiamo è agli elementi ancestrali, allo stadio seminale dell’universo, alle forze che plasmano la vita e le galassie, e che ci uniscono gli uni agli altri, spesso non in modo indolore.

La cifra è quella della scrittura collettiva: non esistono primi attori e comparse, tutti compongono, decidono. I testi esprimono situazioni di rabbia repressa giovanile, di disagio esistenziale in una società lanciata verso la cecità del nuovo millennio, i cui frutti sembrano venire, ora (2022), alla luce piuttosto chiaramente.

TOSCANA

Nel frattempo Varvello frequenta l’APM di Saluzzo, terminata la quale va in stage da un autentico guru nazionale della sintesi, del vintage recording e dell’analogico: Sergio Taglioni. Pioniere dei processi di conversione audio digitale, pianista, tecnico del suono con una cultura musicale sterminata, personalità da vendere, con uno studio vicino a Pisa che è il sogno di chiunque abbia il cuore che batte nei sixties e seventies: banco Cadac, outboards d’eccellenza, compressori valvolari, Studer a nastro magnetico da 2 pollici, microfoni visti solo nei documentari, sintetizzatori analogici come mosche…

Varvello va da lui, e inizia a collaborare con Studiolab. Allo scadere dello stage, vorrebbe fermarsi in zona, lo propone agli altri: D’Adda accetta, Caruso per il momento non lascia il lavoro. D’Adda e Varvello nel giro di un mese, durante il quale l’11 settembre getta un’oscura luce sul futuro, vanno a vivere insieme in un infimo appartamento al piano terra nella periferia di Pisa, a fianco della fabbrica di vetro Saint Gobain. Lavori saltuari, collaborazioni con gruppi della zona, live tra Lucca e la Versilia, volantinaggio, musica per spettacoli di cabaret, tappezzeria musicale in enoteca, la gavetta è servita.

È il 2002. In primavera Caruso ha deciso di mollare il lavoro e Pinerolo e raggiungere la band, d’altra parte non si diventa una rock band standosene a casa! L’appartamento fatiscente ospita adesso tre aspiranti rock stars, la camera da letto è una sola, il bagno anche, il lavoro pochissimo, ma si inizia subito a provare, nei locali dell’ex Studiolab, e a mettere su nuovi pezzi. Arriva anche il nuovo nome: The Magic Cell.

Iniziano anche i live: Pontedera, Viareggio (da rimarcare la doppia data al Matilda, locale meraviglioso, il cui proprietario si godette quasi quattro ore di concerto sul palco incitando i musicisti e passando enormi boccali di birra… e altri coadiuvanti della musica). Poi arriva il Goofy Festival di Lucca, un contest di band da tutto il centro Italia. I Magic Cell ammutoliscono il pubblico e vincono la serata, vanno in finale, tornano, arrivano quarti e vincono i biglietti per i Red Hot Chili Peppers e i Chemical Brothers all’Heineken Jammin Festival di Imola. Un altro concerto memorabile è al Mississippi Pub all’interno del perimetro di Camp Derby, gigantesca base militare USA che va da Pisa a Livorno. Il pubblico è composto per la maggior parte da marines, il concerto viene apprezzato.

IL DISCO

Con l’entusiasmo per la riuscita dei live, arriva la proposta: lo Studiolab offre alla band l’opportunità di registrare e produrre un disco! Sfruttando i momenti liberi dello studio, sotto la supervisione di Taglioni e Menichini, e il prezioso aiuto di Giovanni Corongiu, la strumentazione viene piazzata, la band suona… il sogno diventa realtà quando Sergio ‘apre’ i canali del banco Cadac e le note cominciano a piovere dalle casse in regia: i suoni fanno paura, uno studio di altissimo livello è al servizio della creatività dei tre: scelta dei pezzi, versioni, sperimentazioni, cori, testi aggiuntivi, tracce rovesciate, l’energia mentale dei tre musicisti si allinea e in pochi giorni molto materiale viene registrato. Poi, non senza difficoltà, iniziano le scelte, la selezione dei pezzi da tenere e migliorare, il mix. Il materiale originale supera la mezz’ora: “Fuoco”, “Terra” e “The Cell’s Suite”, in più vengono scelte 5 cover.

Il vento soffia in poppa per quanto riguarda il disco, ma sul piano economico è difficile andare avanti: siamo in piena estate, D’Adda ha trovato lavoro come portiere notturno in un hotel di Pisa, Varvello lavora di giorno come cameriere in un ristorante a Tirrenia, Caruso è a Pisa da poco e non ha un lavoro… contrasti sopiti in anni di ‘gruppo’ cominciano a venire fuori, l’onda torna indietro, e mentre si finisce il mixaggio si arriva ai ferri corti: uno scontro al limite tra Caruso e Varvello, in un tramonto rovente sul piazzale dello studio tra le campagne dell’Arno, segna la fine di una fase, sigilla un disco coraggioso e maturo, ma è una doccia fredda su un percorso sostenuto quasi unicamente dal sogno improbabile di ‘spaccare’ facendo esclusivamente la musica che si vuole, in inglese, in Italia.

Dopo pochi giorni Caruso annuncia la sua decisione di tornare in Piemonte. Dopo poche settimane anche Varvello ritorna all’ovile, mentre D’Adda si ferma a Pisa. Per la band è la parola fine, ma quei giorni non verranno dimenticati da nessuno dei tre.

MV

PANGEA (Noise Ark Records, 2022)

Recorded, mixed and mastered by Sergio Taglioni e Gino Menichini at Studiolab, Cascina (PI) during summer 2002.

Produced by Sergio Taglioni

ones

Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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