THE MYSTIC TECHNOCRACY (SEASON 2: “THE AGE OF ENTROPY”) – Docker’s Guild

Quella dei Tecnocrati è una saga fantascientifica ideata dal musicista lusernese Douglas Docker e pubblicata a nome del progetto artistico Docker’s Guild. Si tratta di un’ambiziosa opera rock, di stile prog-metal melodico, che narra delle vicende del Dottor Jack Heisenberg, alle prese con una una minacciosa razza aliena, pronta ad annientare la vita sulla terra tramite una subdola manipolazione del DNA umano. La storia è suddivisa in cinque stagioni, proprio come le serie TV cui si ispira, e si svilupperà lungo un monumentale piano narrativo-discografico di ben nove album, due dei quali già pubblicati nel 2012 e nel 2016, e il terzo – “Season 2: The Age of Entropy” – uscito lo scorso mese di novembre.

Allegoria delle tendenze autodistruttive della nostra razza, “The Mystic Technocracy” è, in buona sostanza, un inequivocabile atto d’accusa al fanatismo religioso delle dottrine monoteiste, considerate l’origine di buona parte dei conflitti che da millenni arrecano sofferenza e distruzione al nostro pianeta. Un punto di vista esplorato tramite un’articolata storia sci-fi, nella quale i destini di un popolo extra-terrestre si connettono con le vicende del nostro mondo. Un grandioso lavoro di composizione e sceneggiatura, costruito su una mole impressionante di suggestioni cinematografiche, letterarie, storiche, filosofiche e scientifiche da lasciare a bocca aperta. Ancorché si trovi appena alle battute iniziali, dunque, è quasi impossibile riepilogare, anche solo per larghi tratti, l’intreccio complessivo della saga. Ma per comprenderne fino in fondo la posizione ideologica, occorre almeno circoscriverla in un sintetico quadro sinottico. 

docker's guild the mystic technocracy season 1 the age of ignorance

Nella prima stagione, “The Age of Ignorance”, si introducevano i caratteri e le ambientazioni attorno a cui è strutturato l’intero plot narrativo. L’innesco della trama, che si rifà ai concetti pseudoscientifici delle biochimiche ipotetiche, risale a circa quattro miliardi di anni fa, al manifestarsi delle prime forme di vita sulla terra. La comparsa, e il rapido sviluppo, di sequenze molecolari basate sul carbonio viene percepita come minaccia dai Tecnocrati, l’antichissimo popolo del lontano pianeta Silix IV dalla rigida struttura basata sul silicio. Nel susseguirsi delle ere, i Tecnocrati pongono in essere eventi “a livello estinzione” per fermare l’evoluzione in atto, ma ad ogni tentativo di distruzione, nuove forme o specie sopravvivono, sostituendo le precedenti. È quanto accade, ad esempio, ai mammiferi dopo la scomparsa dei dinosauri. Così le forze oscure provenienti da quella lontana galassia decidono di scardinare il sistema dall’interno. La via prescelta è quella della manipolazione del codice genetico degli uomini, che si rivela strumento efficace per indurre un irreversibile processo di autodistruzione. Attraverso questa manomissione, infatti, viene inculcata negli esseri umani la progressiva necessità di forme organizzate di religione sempre più intolleranti e dogmatiche, che condurranno a un’era millenaria di devastanti guerre sante. 

E così si arriva al nuovo album, nel quale la critica al sistema religioso si definisce con nuovi e inquietanti personaggi. Lucy è la figura centrale della seconda stagione. Il suo nome è un evidente calco di Lucifero, l’angelo luminoso che si ribellò a Dio, finendo nelle oscurità degli inferi e diventando il principe delle divinità ctonie. Allo stesso modo, infatti, la nipote di Heisenberg, da lui amata al limite dell’incestuoso, abbandona lo scienziato, alter ego dell’autore e incarnazione delle forze del bene. Si unirà poi al Cardinale Yersinia, il Re Viola, una sorta di Papa demoniaco che prende il potere a Roma e che da qui piloterà la propagazione del caos nel mondo. Lucy diventerà una delle sue tre Meretrici Oscure, insieme a Cassilda e Camilla, nella città eterna presto ribattezzata Carcosa. Queste ultime tre denominazioni, per altro, creano un legame indissolubile con l’enigmatico “Re Giallo” di Chambers. Un palese prestito di atmosfere da un’opera considerata maledetta e permeata da un clima di dannazione eterna.

docker's guild the mystic technocracy season 2 the age of entropy

Anche il disco, infatti, è cupo e decadente. Le due mini-suite, che ne rappresentano i momenti salienti, affrontano temi angosciosi e sinistri. La prima, “Heisenberg’s Uncertainty Principle”, racchiude l’elaborazione del lutto, la fine tragica dell’amore, lo sconforto della perdita, che si dipanano tra la pianistica “Nocturne” e l’acustica “Rings”, fino alla chiusura della sequenza demandata a “Lucy”, dove si passa da un tono nostalgico a un’interpretazione inevitabilmente disperata. La seconda suite “Into the Dahr Cages”, invece, è più concitata ma non meno carica di lugubri presagi. Vi si dipinge un tetro ambiente urbano che assume le sembianze di un girone infernale. Qui si consuma l’ascesa al potere del “Re Viola”, profeta satanico e apocalittico, folle vassallo dei Tecnocrati e simbolo della corruzione morale religiosa verso cui tutto il concept punta il dito.

Il pezzo trainante dell’album si trova in mezzo ai due segmenti. “Die Today”, già eseguita dal vivo in qualche sporadica comparsata live del passato, è “veloce, aggressiva e arrabbiata” ed è probabilmente la canzone più riuscita di questa seconda stagione. Rappresenta il momento del distacco, quello in cui Lucy sceglie il maligno. Quando la spiritualità malata subentra alla razionalità scientifica. In esso esplode il risentimento di Lucy verso Heisenberg, su cui fa ricadere la colpa per la perdita dei genitori. In qualche modo, si tratta di un brano che condensa tutta l’inadeguatezza della trascendenza religiosa nello spiegare le sofferenze della vita mortale. Mancanze che rafforzano, al contempo, il maggior fascino esercitato dalle forze oscure del peccato, rispetto alle false illusioni della fede.

L’album riassume, come d’abitudine, quasi tutte le principali influenze di Docker. In controluce si percepisce, intanto, una preminente filigrana progressiva. Per il largo respiro dell’opera, certamente, ma anche per i riferimenti essenzialmente musicali. Emerson e Yes su tutti, ma anche la variante metal che, una trentina d’anni fa, con l’esplosione dei Dream Theater, fece scuola innescando un ritorno del genere a livelli mainstream. Le asperità, però, sono qui bilanciate da melodie e armonie tutt’altro che astruse. Subentrano infatti, in questo contesto, l’inclinazione melodica del synth pop Anni Ottanta – che Docker ha già frequentato in passato con gli Area 51 – e la musica classica, omaggiata maestosamente nell’entusiasmante rielaborazione in chiave rock della “Fantasia in Do Minore – K475” di Mozart. Il risultato finale è un equilibrato edificio compositivo, che evidenzia nel suo autore un’impareggiabile maturità di songwriting e doti sopraffine di arrangiatore.

Come negli album precedenti, in “The Age of Entropy” non mancano le cover. Rifacimenti sempre scelti molto accuratamente, in modo da rispettare non solo la linea stilistica, ma anche quella tematica. “Machine Messiah” degli Yes, ad esempio. Il brano non è solo un tributo a una delle band di riferimento di Docker, ma il suo testo apocalittico, con il genere umano assoggettato al dominio delle macchine, sembra fatto apposta per metaforizzare il declino della nostra razza. Oppure “Le Chemin” e “Atlantis Town” dei Rockets. Da un lato, esse creano l’analogia scenografica tra lo space-pop della band francese e l’universo dei Guild. Dall’altro, nei riferimenti ad Atlantide, sembrano preconizzare per i protagonisti un disastro analogo a quello che spazzò via il continente perduto. Da citare, infine, anche la bonus track “S.O.S. – Spazio 1999”, sigla dell’omonimo telefilm degli Anni Settanta. Si tratta prevalentemente di un divertissement extra-diegetico, la cui presenza in scaletta è forse riferibile unicamente alle attinenze ambientali della serie.

“The Age of Entropy” inaugura anche una piccola deviazione rispetto ai precedenti episodi della saga. Agli innumerevoli ospiti nazionali e internazionali che fin dagli esordi costellano la pagina dei credits, e che contribuiscono alla consueta perfezione esecutiva, per la prima volta in formazione compaiono artisti pinerolesi. Per il dettaglio della lunga lista dei nomi che compongono la line-up vi invitiamo a buttare un occhio sul sito ufficiale dei Docker’s Guild. In questa sede, ci limitiamo a segnalarvi i tre musicisti di zona che hanno preso parte all’esecuzione del disco: ovviamente Douglas Docker (voce solista e tastiere), il chitarrista Tony Urzì (acustica 12 corde in “Rings” e tutte le chitarre nelle cover centrali) e il bassista Roby Salvai (nelle cover dei Rockets e nella suite “Into the Dahr Cages”). Parlando della scena pinerolese, infine, citiamo anche la collaborazione in qualità di chitarrista, ma anche come compositrice di alcune partiture, di Mio Jäger – già Mio Nakamura – musicista nippo-svedese che dalle nostre parti, negli Anni Novanta, lasciò il segno in alcuni sodalizi personali e artistici proprio con Douglas Docker. La ricorderete sicuramente nei Night Fever, nucleo seminale dei Disco Inferno, ma anche nei già citati Area 51.

A completamento di questo splendido lavoro, diamo conto anche della parte visiva dell’album. I brani di “The Age of Entropy” escono infatti corredati da una serie di videoclip che sottolineano alcuni aspetti psicologici e situazionali della storia. Ve li riepiloghiamo qui sotto per un’esperienza sincretica completamente immersiva.

Buon viaggio!

Ones

ones

Marco Ughetto, appassionato di musica e giornalismo, chitarrista e cantautore amatoriale, si laurea in Cinema al DAMS di Torino nel 2014, con una tesi sui rapporti tra cinema e cultura digitale. Nel 2002, insieme ad altri quattro amici, dà il via alla prima versione di Groovin' - il portale della musica nel Pinerolese.

http://groovin.eu

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